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Ridere dell’Isis (si può)

di Elisa Ferrero
9 marzo 2015
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Sembra impossibile, eppure nelle ultime settimane ridere dell’Isis – il sedicente Stato Islamico – è diventato un fenomeno popolare, in Egitto e non solo. Il più spaventoso gruppo jihadista emerso finora, che sta terrorizzando Oriente e Occidente, è diventato il bersaglio di una massiccia ondata d’irrisione. Iniziata in Egitto, quest’ondata si sta ora espandendo in altri Paesi arabi.


Sembra impossibile, eppure nelle ultime settimane ridere dell’Isis – il sedicente Stato Islamico (dell’Iraq e della Siria) – è diventato un fenomeno popolare, in Egitto e non solo. Il più spaventoso gruppo jihadista emerso finora, che sta terrorizzando Oriente e Occidente, è diventato il bersaglio di una massiccia ondata d’irrisione. Iniziata in Egitto, quest’ondata si sta ora espandendo in altri Paesi arabi. Giovani e bambini, donne e uomini, hanno preso di mira la severa e cupa canzone Salil al-Sawarim, diventata una sorta di inno dell’Isis, l’hanno arrangiata al ritmo ballabile delle canzoni popolari egiziane, sovrapponendola a famose scene della commedia popolare.

Così, in uno di questi video, si vedono tre uomini vestiti con la galabiyya bianca, armati di scimitarra, le barbe lunghe e nere, e tre enormi pance (che sono, evidentemente, tre grossi cuscini nascosti sotto la tunica). Appena parte il ritmo irresistibile del remix della canzone dell’Isis, i tre si lanciano in una danza esilarante. In un altro video, tre ragazze col volto coperto inscenano il triste rituale con il quale l’Isis uccide i suoi ostaggi. Parte l’inno, le due ragazze vestite di nero, ritte in piedi vicino alla vittima vestita di arancione, muovono lentamente i coltelli… «Il tintinnar delle armi taglienti/è il canto degli uomini fieri/la lotta e il combattimento/sono la strada della vita…». Poi, parte la seconda strofa e le tre ragazze si scatenano in una danza irrefrenabile. In un video simile a questo, un giovane sta per essere giustiziato da un jihadista incappucciato. La colpa del ragazzo è di aver ceduto alla tentazione di giocare alla playstation. Ma quando il boia avvicina il coltello al collo della vittima, mentre la canzone dell’Isis recita mesta «Il tintinnar delle armi taglienti/è il canto degli uomini fieri…», parte l’ormai consueto ritmo di danza popolare e i due giovani prendono a ballare in maniera irriverente. Un altro video ritrae una danzatrice del ventre (quanto di più provocante si possa immaginare dal punto di vista dell’Isis) che trasforma le parole della canzone del gruppo jihadista in movenze sensuali. E ad Alessandria, gli studenti della facoltà di ingegneria hanno persino organizzato una seduta danzante in strada, sempre al ritmo della versione pop di Salil al-Sawarim.

Video e iniziative simili si sono velocemente moltiplicate nell’intero mondo arabo, in modo spontaneo. Gli egiziani, in realtà, avevano cominciato a scagliare la loro ironia contro l’Isis già qualche tempo prima, bombardando l’organizzazione jihadista con battute sarcastiche su Twitter. Utilizzando l’hashtag «mi unisco all’Isis», gli egiziani si sono sbizzarriti con frasi ironiche del tipo: «Mi unisco all’Isis per fare una nuova esperienza» o «Le sigarette sono diventate troppo care, mi unisco all’Isis». Non è chiaro se siano stati i jihadisti i primi a proporre questo hashtag per attirare nuovi adepti, ma di certo, grazie a questo hashtag, simpatizzanti e membri dell’Isis si sono improvvisamente ritrovati a dover far fronte a una massa inaspettata di pungente ironia nei loro confronti.

Questo modo di trattare l’Isis ha fatto arricciare più di un naso. Molti l’hanno considerato una mancanza di rispetto per le vittime dei jihadisti, o una sottovalutazione del pericolo e del male rappresentato dal sedicente Stato Islamico. Lungi da ciò, per gli egiziani è stata invece la maniera più efficace di dissacrare il «mostro». Noti ovunque nel mondo arabo per la loro capacità di ridere delle proprie disgrazie e per la loro ironia, gli egiziani sono maestri della presa in giro. Era già successo con Mubarak, nei diciotto giorni dell’occupazione di piazza Tahrir. L’Isis non teme le bombe, né qualsiasi reazione violenta, perché in fondo sono funzionali alla narrazione che lo tiene in piedi, perché l’Isis vive di violenza. Ma il riso, come fronteggiarlo? Soprattutto se questo riso non proviene da singoli comici professionisti ma dalla «strada», come in questo caso. «Strada» che, al momento, non ha molti mezzi politici e istituzionali per muoversi contro l’Isis e gli altri gruppi jihadisti, e dunque ha reagito in questo modo.

Gli egiziani, con la loro irriverente irrisione, hanno voluto smontare la macchina di propaganda mediatica dell’Isis basata sul terrore e, al tempo stesso, esorcizzare le proprie paure. Di fronte a chi cercava di terrificarli, hanno risposto con la risata impudente. Di fronte alla morte, hanno risposto con la danza, che è simbolo di vita incontenibile.

Qualche tempo fa, alcuni terroristi islamici hanno tentato di chiudere la bocca al giornale satirico parigino Charlie Hebdo. Oggi, dall’Egitto e dal Medio Oriente, si alza un’insolente pernacchia collettiva diretta agli uomini dell’Isis. Una risata li seppellirà…

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