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Le icone natalizie dei cristiani mediorientali

di Giorgio Bernardelli
24 dicembre 2014
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Mai come quest’anno, invece, i cristiani del Medio Oriente sono prima di tutto un segno che dobbiamo contemplare. Perché ci ricordano che il Verbo si è fatto carne dentro la sofferenza umana. E proprio lì ha fatto rinascere la speranza, non solo per chi è nella tribolazione, ma per tutti.


Che sia un Natale particolarmente duro quello che i cristiani del Medio Oriente si apprestano a celebrare quest’anno, lo sappiamo ormai tutti. Basta pensare alla tragedia dei profughi iracheni costretti a fuggire in fretta e furia da Mosul e dalla Piana di Ninive nel caldo dell’estate e tuttora accampati (adesso al freddo) in situazioni di fortuna. Ma non dimentichiamo le comunità della Siria che vivono il loro quarto Natale di guerra. O la Terra Santa che – come scrive il patriarca Twal citando Dickens – ha vissuto in questo 2014 «il migliore e il peggiore dei tempi».

C’è però un pericolo che corriamo sempre tutti in questi casi: confondere la solidarietà verso questi fratelli nella sofferenza – giustamente accompagnata da gesti concreti di aiuto materiale, per rendere un po’ meno dura la loro tribolazione – con la lacrimuccia facile. Con quel sospiro un po’ di maniera, che alla fine diventa solo un modo per maledire il mondo che ce l’ha sempre con noi. O per sentirsi un po’ più buoni perché a Natale ci ricordiamo anche di chi è meno fortunato.

Mai come quest’anno, invece, i cristiani del Medio Oriente sono prima di tutto un segno che dobbiamo contemplare. Perché ci ricordano che il Verbo si è fatto carne dentro la sofferenza umana. E proprio lì ha fatto rinascere la speranza, non solo per chi è nella tribolazione, ma per tutti. Amiamo spesso dire che le comunità cristiane locali sono le pietre vive della Terra Santa. Allora in questo Natale proviamo a fermarci davanti ai loro presepi, più o meno viventi.

C’è un modo molto semplice per farlo: basta andare sulla pagina Facebook del sito abouna.org, il sito internet realizzato ad Amman dalla locale comunità cattolica (il link è indicato sotto). Nei giorni intorno al Natale ogni anno la bacheca si riempie di fotografie natalizie provenienti da tutto il Medio Oriente: non ci sono solo le immagini che arrivano da Betlemme, ma anche quelle dei presepi, degli alberi e delle liturgie di decine di parrocchie del Libano, della Palestina, ma anche della Siria o del Kurdistan. È vero, le didascalie sono in arabo e quindi bisogna essere un po’ scaltri con Google Translate per capire da dove vengono; ma in fondo non è così importante individuare un luogo esatto. È più importante cogliere quello che sta dietro a questi simboli: la voglia di mostrare che il Medio Oriente dei cristiani, nonostante tutte le tribolazioni che conosciamo, resta vivo. Perché viva è la fede che quel Bambino a Betlemme torna a portare.

Almeno due di queste icone natalizie, però, vale la pena di segnalarle per bene (e sono gli altri due link che trovate qui sotto). Il primo rimanda ad alcune fotografie scattate ad Ankawa, il quartiere di Erbil dov’è rifugiato il maggior numero dei cristiani fuggiti da Mosul. Mostrano il loro presepe: una tenda tra le altre tende, ma attorniata dalla luce anche nel buio della notte. L’altro link rimanda a un video girato domenica scorsa a Gaza durante la visita natalizia del patriarca Fouad Twal alla parrocchia latina della Sacra Famiglia: si possono vedere (e ascoltare) padre Georges e le suore della parrocchia che cantano l’Adeste fideles proprio lì, in quella chiesa di una terra tuttora in macerie, ferita da ben tre guerre devastanti in pochi anni e con un futuro che resta pieno di punti di domanda.

«Venite, adoriamo». A Gaza, ad Ankawa e nei presepi semplici ma densissimi di significati di tutto il Medio Oriente. È in quei presepi che torna a nascere la speranza. Per noi, prima ancora che per loro.

Buon Natale a tutti!

Clicca qui per vedere le immagini dei presepi dal Medio Oriente sulla pagina Facebook di abouna.org

Clicca qui per vedere sul sito di Aleteia il presepe dei cristiani iracheni esuli ad Ankawa

Clicca qui per vedere il video di Adeste fideles cantata nella parrocchia latina di Gaza

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