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Un’operazione chirurgica al buio

di Elisa Ferrero
2 settembre 2014
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Con la torrida estate egiziana sono tornati i black out giornalieri per risparmiare energia elettrica. La settimana scorsa, in un ospedale pubblico di Ismailiyya, un’équipe medica si accingeva a praticare con urgenza un’isterectomia su una paziente in crisi emorragica quando la sala operatoria è sprofondata nel buio. Medici e infermieri, d'accordo con la paziente, hanno riferito la vicenda alla stampa e ne è nato un caso nazionale.


Con la torrida estate egiziana sono tornati i black out giornalieri per risparmiare energia elettrica. Non è una novità. Il guaio mette a dura prova ogni resistenza umana e negli ultimi anni si è puntualmente ripresentato sotto ogni governo, senza mai trovare una soluzione. Quest’estate, però, il problema si è acuito oltre ogni misura, a causa (forse) della maggior scarsità di carburante rispetto agli anni passati e dell’aggravarsi di carenze strutturali sempre trascurate. Al Cairo, le ore di black out sono in media sei al giorno e in altre parti del Paese anche di più.

Gli egiziani, con la loro consueta inventiva, cercano di arrangiarsi. Gli studenti vanno a ripassare sotto i lampioni delle strade, gli esercenti di negozi, ristoranti e botteghe – quelli che possono permetterselo – si attrezzano comprando dei generatori, e in generale la gente impara a riprogrammare la propria vita in base alle ore di corrente disponibile, oppure a vivere al buio. Più difficile, invece, è sopportare il caldo senza condizionatori.

Esistono, tuttavia, alcuni limiti che nemmeno la creatività e la capacità di sopportazione degli egiziani consentono di superare, per esempio l’incolumità dei pazienti negli ospedali, i quali – a sentire il ministro dell’elettricità – dovrebbero essere esenti dai black out. Ma così non sembra.

La settimana scorsa, in un ospedale pubblico di Ismailiyya, un’équipe medica si accingeva a praticare con urgenza un’isterectomia su una paziente in crisi emorragica. Un quarto d’ora dopo, quando le era già stata somministrata l’anestesia spinale e l’operazione stava per incominciare, la corrente elettrica si è interrotta improvvisamente, sprofondando la sala operatoria nel buio. Il generatore di emergenza, guasto, non si è attivato. A questo punto, ai medici si è prospettata una difficilissima scelta: rimandare l’operazione fino al ritorno dell’elettricità, rischiando la vita della paziente, o proseguire comunque? Seppur sgomenti, i medici hanno scelto di continuare, utilizzando la luce di un cellulare. Non era la prima volta che succedeva, ma in questo caso la rabbia è stata troppa. Un’infermiera, dopo aver ricevuto il consenso dei medici e della paziente, che era cosciente, ha deciso di fotografare l’operazione effettuata alla luce del cellulare. Poi, il gruppo ha diffuso la fotografia sui social network, per denunciare la situazione. Nel frattempo, l’operazione è andata misericordiosamente a buon fine e la paziente, adesso, sta bene.

Tutto ciò è stato raccontato da uno dei medici, Nader Mohsen el-Libedy, in una trasmissione televisiva su al-Tahrir Tv, alla quale è intervenuta telefonicamente anche la paziente, offrendo pieno sostegno ai medici che le hanno salvato la vita. Come si può immaginare, il caso ha scatenato un putiferio, che però ha travolto in primo luogo gli stessi medici, invece del ministero dell’elettricità. Dapprima, infatti, i chirurghi e l’infermiera sono stati messi sotto accusa per aver fotografato una paziente sotto i ferri, atto che, come ha confessato lo stesso el-Libedy, è sicuramente inammissibile in condizioni normali. Non, però, in una situazione tragica come quella, vissuta anche da tanti altri ospedali egiziani. La paziente concorda su questo punto. Come ha raccontato lei stessa, ha dato il suo consenso alla fotografia perché si sentiva disperata, convinta che non sarebbe uscita viva da quella situazione. Dunque, cosa aveva da perdere? Magari quell’azione estrema sarebbe servita a sensibilizzare la gente e a far muovere il governo.

Poi, secondo un copione già visto in Egitto, il ministero e il direttore dell’ospedale (sul quale, fra l’altro, cadeva la responsabilità del corretto funzionamento del generatore di emergenza) l’hanno buttata in politica, incolpando i medici di appartenere alla Fratellanza Musulmana e aver organizzato tutta quella messinscena per discreditare lo Stato. I medici negano, ovviamente. Intanto, però, sono stati posti sotto inchiesta per aver violato regole e principi della loro professione, mentre i responsabili del black out all’ospedale restano impuniti.

«L’operazione del cellulare», così è stata soprannominata, è una tipica storia egiziana di degrado, incuria, strumentalizzazione politica e quotidiana resistenza civile. Se non altro, però, il generatore di emergenza è stato miracolosamente riparato, dopo la pubblicazione della famigerata fotografia.

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