Il Custode di Terra Santa, fra Pierbattista Pizzaballa, è stato invitato ieri pomeriggio ad aprire la serie di incontri e dibattiti dell’edizione 2014 del Meeting di Rimini con una riflessione sul Medio Oriente dei nostri giorni e sulla presenza cristiana. Una vicenda da leggere con un occhio alla croce di Cristo, ha detto il Custode, e senza farsi schiacciare dalle paure.
(g.s.) – Il Custode di Terra Santa, fra Pierbattista Pizzaballa, è stato invitato ieri pomeriggio ad aprire la serie di incontri e dibattiti dell’edizione 2014 del Meeting di Rimini (che si chiuderà il 30 agosto) con una riflessione dal titolo: Il potere del cuore. Ricercatori di verità.
Il tema di fondo dell’intervento non poteva essere, ovviamente, che l’attuale situazione del Medio Oriente e la presenza cristiana in uno scenario tanto drammatico. «Credo che sia un errore – ha osservato Pizzaballa – limitarsi ad una professionale analisi politica, sociale e storica di quanto sta avvenendo, senza uno sguardo religioso, redento, che aiuti a leggere ed interpretare gli eventi senza tuttavia lasciarsene travolgere».
Secondo il religioso francescano «quella sorta di stabilità che per quarant’anni aveva caratterizzato i rapporti (o non-rapporti) in questi Paesi è definitivamente conclusa, e nuovi equilibri che ancora non riusciamo a definire si stanno prospettando, fonte di preoccupazione per molti, soprattutto per la piccola comunità cristiana e le altre minoranze. (…) Inizia un nuovo periodo, la cui direzione però non siamo ancora in grado di comprendere».
Il presente e il futuro vanno inquadrati in una prospettiva storica: «Molto più che l’Europa, il Medio Oriente è sempre stato il crogiolo di differenze religiose. (…) Va detto che le convivenze non sono mai state facili e le persecuzioni lungo i secoli non sono mancate. Ma non si è mai assistito a una sorta di “pulizia religiosa” del tipo a cui assistiamo oggi. Medio Oriente luogo di convivenze? Parrebbe un controsenso ma è così, più di ogni altra parte del mondo».
Pizzaballa ha rimarcato che «la “pulizia religiosa” di cui si sta macchiando il cosiddetto Stato Islamico, ma che è sottile anche in altre parti dei Paesi arabi, va in primo luogo e soprattutto contro la storia e il carattere del Medio Oriente e non può essere passata sotto silenzio. È necessario che tutte le comunità religiose alzino la voce contro questo abominio. Il mondo islamico ha cominciato a reagire, finalmente, ma onestamente, dobbiamo dire che ci è sembrato assai timido nella denuncia».
Invece la condanna deve essere ferma e intransigente, ammonisce il Custode di Terra Santa: «Il dialogo interreligioso in questo momento non può prescindere da una denuncia comune e forte di quanto sta accadendo. Lo richiede la gravità del momento e la necessità di continuare a vivere e dialogare insieme. È chiaro, inoltre, che questo tipo di fanatismo deve essere fermato, se necessario, anche con la forza, con tutte le garanzie necessarie. L’uso della forza, tuttavia, senza una prospettiva di ricostruzione su tutti i piani, non risolverà nulla. (…) Questo vale anche per l’ormai antico conflitto israelo-palestinese, di cui vorremmo parlare il meno possibile, non perché abbia paura, ma perché onestamente non sappiamo più che altro dire in proposito. La forza, senza una prospettiva di (ri)costruzione sociale, economica, politica, non porterà ad altra soluzione che un nuovo ritorno all’uso di altra forza, in una sorta di circolo vizioso. Come si potrà parlare di pace o prospettiva di pace, se nel cuore si sono accumulati principalmente odio, rancore, dolore, vendetta a causa delle violenze subite, se non si costruisce una speranza?».
A questo punto della sua riflessione Pizzaballa veste i panni del testimone oculare ed elenca tutta una serie di gesti di quotidiana solidarietà tra musulmani e cristiani ai quali ha potuto assistere durante la visita effettuata in luglio ai frati minori che vivono in Siria e in particolare nella città di Aleppo e nei villaggi della Valle dell’Oronte.
«Il Medio Oriente è in fiamme – ha chiosato il padre Custode –. Le antiche forme di convivenza sembrano esaurite, le nuove forme non sono sufficientemente chiare. Non so come sarà il Medio Oriente tra cinque anni e sfido altri a fare previsioni. Assistiamo a fenomeni contraddittori e indecifrabili. Tradimenti di antiche amicizie, formazione di nuove. Rifiuti dell’altro, ricerca dell’altro. Accanto al cuore che ha tradito, vi è il cuore di chi ha amato, spendendosi e consegnandosi. Quei gesti e quelli di tantissimi anonimi, presenti dappertutto, costituiscono la forza segreta e necessaria per andare oltre e non fermarsi al buio del momento, al potere di Satana. Il vicino che ti sta accanto, che di fronte a tanta morte compie un gesto di amicizia, ti ridona la vita, ti dà il respiro necessario per credere ancora che è possibile continuare a stare qui e vivere insieme, diversi e uniti».
Davanti alle espressioni amare e disperate di molti davanti alla devastazione che sta avvenendo, fra Pierbattista fa appello allo sguardo di fede che il cristiano dovrebbe sempre tener vivo: «Non è raro sentire tra la nostra gente, e forse anche dai nostri religiosi, parole di sconforto e rassegnazione. (…) Tutto questo – è la mia opinione – non ha nulla a che fare con la fede cristiana. Dimentichiamo un fatto fondamentale: il cristianesimo nasce dalla croce e non può prescindere da essa. Gesù diventa re del mondo sulla croce, non dopo il successo della moltiplicazione dei pani. Il cristianesimo, insomma, nasce da un fallimento umano, da una disfatta. E da un cuore trafitto. Quando parliamo di potere del cuore, e lì che dobbiamo guardare, a quel cuore, che è la misura dell’amore di Dio e di conseguenza del nostro. Il nostro agire da cristiani si deve misurare con quel cuore. Ci dimentichiamo spesso di questo fatto e cadiamo nella tentazione di credere che saranno le nostre imprese a salvarci, anche su questa nostra terra, ma è sbagliato».
L’intervento è stato suggellato da un lungo applauso a cui ha fatto seguito un breve dialogo con la giornalista Monica Maggioni, direttore di Rainews24, prima che fra Pizzaballa riprendesse l’aereo per Tel Aviv. Stimolato dalla sua interlocutrice, il Custode è tornato sulla semplice ma edificante testimonianza di solidarietà e aiuto reciproco offerta ai suoi occhi dalla popolazione rimasta ad Aleppo e che, nonostante i pericoli, continua ad affollare chiese e moschee per la preghiera e per offrirsi vicendevole sostegno. In proposito ha sottolineato che i jihadisti dello Stato Islamico ce l’hanno con chiunque non la pensi come loro: «Sono stati uccisi più musulmani che cristiani e sono state distrutte più moschee che chiese».
«Cosa si può fare?», gli ha chiesto la Maggioni. «Una grande domanda – ha ammesso Pizzaballa – a cui è difficile dare una risposta precisa. La comunità internazionale deve cercare concrete soluzioni sul piano politico e civile. Non si può trovare una soluzione da soli. Occorre parlarsi. È chiaro che non si può parlare con questi pazzi dell’Isis o dello Stato Islamico. Ma tutti gli altri interlocutori principali devono essere coinvolti. La comunità internazionale deve trovare un modo per “imporre” la ricerca di soluzioni che sono anche di carattere politico, economico, religioso e sociale».
Il pomeriggio del Custode a Rimini si è concluso con un pensiero a Papa Francesco: «Una cosa mi ha colpito del viaggio del Papa in Terra Santa. Una visita così non è mai semplice da realizzare: se compi un gesto da una parte devi bilanciarlo con un gesto analogo dall’altra. Tutto è contemplato dal programma, ma il Papa se ne è infischiato. Non era previsto che si fermasse al muro (di separazione a Betlemme) e si è fermato. Non era previsto che, a Gerusalemme, onorasse le vittime del terrorismo (contro Israele) e lo ha fatto. C’era il programma scritto, ma poi c’era anche la sua libertà che si metteva in gioco. Forse noi in Medio Oriente siamo troppo legati ai nostri schemi, ai nostri bilancini. Potreste magari aiutarci voi, che siete fuori, venendoci a dire: “Ora basta! Voltate pagina! Guardate avanti!”. Credo che sarebbe importante».
Un applauso scrosciante ha espresso il consenso dell’uditorio.
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