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Le bandiere nere del califfo sventolano alle porte di Israele

di Giuseppe Caffulli
28 agosto 2014
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Il 27 agosto sulle alture del Golan (presidiate da decenni, senza grandi mezzi, da un contingente di caschi blu dell’Onu), la Siria è intervenuta con l’aviazione per contrastare l’attacco da parte delle milizie islamiste al valico di Quneitra, a 200 metri dalla zona occupata e amministrata da Israele dal 1967. Un avamposto simbolico, per i jihadisti, che così bussano, minacciosi, alle porte di Israele.


Qualche giorno fa la vignetta di prima pagina di un diffusissimo quotidiano italiano, all’indomani delle aperture del presidente siriano Bashar al Assad agli Usa in vista di un’alleanza anti-califfato islamico, metteva in guardia: oggi val la pena guardar bene chi bombardare.

Il paradosso evidenziato dall’autore satirico (si dice a volte che una vignetta valga più di un editoriale) è diventato ancora più di attualità negli scorsi giorni, quando sulle alture del Golan (presidiate da decenni, senza grandi mezzi, da un contingente di caschi blu dell’Onu), la Siria è intervenuta con l’aviazione per contrastare l’attacco da parte delle milizie islamiste al valico di Quneitra, a 200 metri dalla zona occupata e amministrata da Israele dal 1967. Nell’attacco del 27 agosto, tanto si è svolto a ridosso della linea di confine, è rimasto ferito da un proiettile vagante anche un ufficiale israeliano.

La situazione al confine tra Siria e Israele, in una zona dove opera da tempo una trentina di organizzazioni anti-Assad, è particolarmente delicata per più di una ragione.

La prima è che quelle milizie armate in funzione anti-Assad sono state addestrate in molti casi con il supporto decisivo di Usa, Giordania e dello stesso Israele (come ammette senza mezzi termini il sito israeliano di analisi militari Debkafiles.com). Un gruppo di comando istituito dal Pentagono ad Amman, di cui hanno fatto parte anche ufficiali israeliani, avrebbe deciso quali insorti rafforzare con l’invio di armi e quale strategia suggerire per contrastare il rais di Damasco.

Il fatto è che delle formazioni anti-Assad di stampo laico non c’è quasi più traccia e quasi tutte le milizie sono ormai fortemente infiltrate (e controllate) dai combattenti del neonato Stato islamico. Armare e sostenere l’opposizione ad Assad, alla lunga, si è rivelato un modo per rafforzare al Qaeda, le fazioni fondamentaliste come al Nusra e, in ultima istanza, proprio il califfato islamico. Che ora bussa alle porte del Golan, dove sventola la bandiera nera dell’Isil e da dove si guarda a Gerusalemme, consci della fortissima arma di propaganda che ciò rappresenta.

Delle centinaia di miliziani schierati sul Golan farebbero parte oggi anche adepti del gruppo terroristico Ansar al-Beit Maqdis, una coalizione di cellule di al Qaeda i cui militanti provengono dalla penisola del Sinai egiziano e, guarda caso, dalla Striscia di Gaza.

Così, mentre i miliziani di al Nusra che si schierano dietro i vessilli dell’Isil rapiscono una quarantina di caschi blu filippini dell’Onu a Quneitra (la notizia è di oggi), Israele è costretta a fare buon viso agli aerei di Assad che bombardano a pochi passi dalla zona presidiata da Israele. Una violazione che in passato avrebbe fatto levare immantinente i caccia israeliani, ma che oggi, alla fin fine, si rivela un grande favore. Il nemico di ieri, nel Medio Oriente in tumulto, potrebbe anche diventare l’alleato di oggi.

(Su Twitter: @caffulli)

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