Il conflitto mediorientale sta dilagando in territorio libanese. Sabato scorso centinaia di miliziani fondamentalisti siriani hanno «sconfinato» nella città libanese di Ersal, aggredendo la postazione dell’esercito regolare, che ha reagito con forza. È la prima volta dal 2011 che la sovranità territoriale del Libano viene ferita da un attacco di miliziani stranieri.
Il conflitto mediorientale sta pericolosamente dilagando, in questi giorni, in territorio libanese. Fino ad oggi il Libano si era «limitato» a pur gravi attentati suicidi, scontri tra milizie sunnite ed alawite nella città di Tripoli o rapimenti a fine di riscatto. Ma mai, dal 2011 ad oggi, il territorio libanese era stato ferito da una incursione di uomini armati stranieri. Sabato scorso, invece, per la prima volta centinaia di miliziani fondamentalisti siriani hanno «sconfinato» nella città libanese di Ersal, vicina al confine con la Siria, attaccando la postazione dell’esercito regolare libanese. Secondo l’agenzia Reuters si tratta della più grande incursione di miliziani stranieri in Libano, da quando è scoppiata la guerra civile siriana.
Non è un caso che il conflitto mediorientale contagi proprio la città di Ersal, che alcuni analisti definiscono la «polveriera» del Libano. Situata a pochi chilometri dal confine orientale con la Siria, Ersal è una cittadina a maggioranza sunnita. Per la sua posizione e per le convinzioni religiose dei suoi abitanti, moltissimi profughi siriani di religione sunnita (secondo alcuni, almeno 100 mila del milione di profughi ospitati in tutto il Libano), hanno trovato rifugio proprio qui. Nell’area sono nati così diversi campi profughi spontanei, che sono presto diventati anche una base per i miliziani sunniti contrari al regime di Bashar al-Assad. Mese dopo mese il confine tra Siria e Libano vicino ad Ersal è diventato «poroso», garantendo ai miliziani che combattevano contro Bashar al-Assad della vicina regione siriana di Qalamoun, di entrare in Libano senza problemi per trovare riposo e cure mediche.
Sabato scorso, gli scontri tra esercito libanese e milizie sunnite sarebbero scaturiti proprio dall’arresto in un miliziano di al-Nusra (la costola siriana di al Qaeda). I militari libanesi avrebbero fermato Imad Jumaam capo della milizia islamica locale. Per liberarlo, sarebbero scesi dalle montagne vicine circa 600 miliziani fondamentalisti (sia di al-Nusra sia dello Stato islamico della Siria e del Levante), circondando il posto di blocco e scatenando la battaglia. Oggi è il quarto giorno di combattimenti nell’area: secondo quanto comunica il quotidiano libanese online Naharnet, fino a lunedì si sono contati 14 soldati dell’esercito regolare libanese uccisi, 22 dispersi (forse presi prigionieri) e 86 feriti. Anche molti miliziani fondamentalisti sono rimasti uccisi. L’esercito libanese starebbe però lentamente riprendendo possesso del territorio, ricacciando indietro i fondamentalisti anche con l’uso dell’artiglieria pesante. I morti civili sarebbero decine.
Questo primo grave episodio di invasione del territorio del Libano da parte dei miliziani porta con sé anche due altre novità politiche-militari di cui tenere conto.
La prima è il ruolo forte che l’esercito libanese sta assumendo: da oltre due mesi il Libano è senza un presidente della repubblica a causa della incapacità delle forze politiche di trovare un accordo sul nome del successore del capo dello Stato emerito, il cristiano Michel Suleiman. Non si contano più gli appelli, le implorazioni e le riunioni politiche convocate dal patriarca maronita, il cardinale Bechara Rai, perché un presidente sia dato finalmente alla nazione. Il Libano vive, insomma, una pericolosa situazione di debolezza istituzionale, aggravata dal fatto che nella vicina Siria si combatte una contagiosa guerra civile, l’economia è in crisi e un milione i profughi hanno «invaso» la nazione. In questo clima, il primo di agosto scorso – sessantanovesimo anniversario della fondazione dell’esercito libanese – così si è espresso il generale Jean Kahwagi, capo delle forze armate libanesi: «Amati commilitoni, in un Paese che deve affrontare il terrorismo e la minaccia israeliana assieme a guerre interne ed esterne, l’istituzione militare si staglia fermamente contro ogni tentativo turbare la convivenza (tra cristiani, sunniti e sciiti, ndr). Oggi, il primo di agosto, ci sentiamo profondamente orgogliosi del fatto che l’esercito è il simbolo stesso di questa convivenza, dal momento che la salvezza del Libano è poggiata solo sulle sue spalle». Il giorno dopo, sabato 2 agosto, inizia la battaglia ad Ersal e l’esercito libanese – lodato da tutte le parti politiche – combatte con morti e feriti per riconquistare la sovranità del territorio dello Stato.
La seconda novità è data dalle «inconsuete» alleanze strategiche che, nei fatti e senza bisogno di trattati ufficiali, si stanno realizzando in Medio Oriente: nell’ampia regione del loro confine comune, gli eserciti regolari di Siria e Libano, non ufficialmente alleati tra loro, stanno combattendo fianco a fianco stringendo in una morsa i fondamentalisti islamici siriani: secondo il quotidiano libanese Daily Star, a Ersal – sul fronte Ovest – l’esercito libanese starebbe combattendo i fondamentalisti affiancato dalla milizia sciita di Hezbollah; e secondo Reuters, a pochi chilometri di distanza, nella regione di Qalamoun – sul fronte Est – le forze dell’esercito siriano, sempre assieme ad Hezbollah, avrebbero condotto un’offensiva contro i miliziani di al-Nusra, uccidendo dozzine di ribelli (dai 50 ai 170, a seconda delle testimonianze). Difficile immaginare che non ci siano stati contatti, per questa operazione militare negli stessi giorni e contro un nemico comune, tra forze siriane e libanesi.