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Uno scudo per la Giordania

di Giuseppe Caffulli
3 luglio 2014
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L’area a ridosso del confine giordano, sia in Iraq che in Siria, è ora controllata in larga parte dalle milizie fondamentaliste sunnite dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil). E ciò fa temere, oltre a sempre più frequenti infiltrazioni terroristiche all’interno della Giordania, anche una vera e propria offensiva imminente. Usa e Israele si schierano con Amman.


Se uno prende la carta geografica del Medio Oriente, non può non rendersi conto di quanto sia fragile oggi il confine che separa la Giordania dall’Iraq, dalla Siria e dall’Arabia Saudita: una lunga lingua di terra desertica percorsa da un’unica strada (la statale n. 10), che punta dritta verso Falluja e Baghdad.

L’area a ridosso del confine giordano, sia in Iraq che in Siria, è ora controllata in larga parte dalle milizie fondamentaliste sunnite dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil). E ciò fa temere, oltre a sempre più frequenti infiltrazioni terroristiche all’interno della Giordania, anche una vera e propria offensiva, soprattutto ora che la formazione islamista ha annunciato la nascita di un califfato con a capo Abu Bakr al-Baghdadi (che ieri al quotidiano inglese The Telegraph ha dichiarato esserci tra gli obiettivi dell’Isil la conquista di Roma).

Di fronte a questa minaccia, quale potrebbe essere la risposta della Giordania? E quale la reazione di Israele e degli Stati Uniti, che del regno ashemita sono i più forti alleati? Amman ha una dotazione militare di tutto rispetto, in massima parte di fabbricazione inglese e americana: carri armati, autoblindo, sistemi missilistici terra-aria, squadriglie di caccia (soprattutto F-16) e di elicotteri da combattimento. Ma che le forze armate giordane siano in grado di resistere in autonomia ad un attacco massiccio e prolungato delle milizie Isil (soprattutto sul terreno della guerriglia), è argomento di dibattito.

Per questa ragione sia Israele che gli Stati Uniti, a quanto riferiscono fonti locali, si stanno preparando a sostenere il regno ashemita e il suo esercito. Lo scenario che si disegna è il più fosco possibile, a quanto dichiara un alto ufficiale Usa di stanza nel Paese: «Si tratta di mettere in atto una strategia per salvare il Regno ashemita di Giordania».

Fonti diplomatiche giordane, finora, hanno minimizzato il rischio di un attacco, benché al di là del tribolato confine iracheno la situazione stia diventando sempre più difficile. Dana Daoud, portavoce dell’ambasciata giordana a Washington, ha assicurato il pieno controllo dell’esercito giordano sui confini.  Semmai, ha aggiunto, la minaccia maggiore deriva dalle infiltrazioni terroristiche interne. E dal rischio crescente di attentati a firma degli affiliati dell’Isil.

Diversi analisti politici e militari fanno però presente che, davanti a un attacco dell’Isil alla Giordania, difficilmente Stati Uniti e Israele resterebbero a guardare. Il Regno ashemita, dove si trova il comando strategico Usa per il Medio Oriente, è un baluardo imprescindibile per la politica americana nella regione. Israele, dal canto suo, non si può certo permettere di avere le colonne dell’Isil sulla soglia di casa.

Già a fine maggio, secondo fonti vicine ai servizi d’intelligence israeliani, in occasione delle prime esercitazioni militari congiunte tra Israele e Giordania (ma coordinate dal Pentagono), gli Stati Uniti avrebbero trasportato più di 6 mila marines ad Amman e altri 7 mila nelle basi del Neghev. Uno degli scopi immediati sarebbe stato quello di prepararsi a rintuzzare gli attacchi delle milizie sciite di Hezbollah che fiancheggiano il rais di Damasco Bashar al Assad.

Ma i movimenti dell’Isil hanno spostato l’attenzione soprattutto sul confine iracheno. Negli ultimi giorni, Israele e Giordania avrebbero rafforzato la loro presenza militare lungo i confini e non è da escludere che le esercitazioni congiunte si possano trasformare in operazioni di combattimento condotte in tandem da Israele e Giordania sotto la supervisione degli Usa. 

(Twitter: @caffulli)

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