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Per gli egiziani austerità e prezzi alle stelle

di Elisa Ferrero
7 luglio 2014
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In Egitto è accaduto ciò che tanti temevano. Il 4 luglio il presidente Abdel Fattah el Sisi ha dato ufficialmente il via a una pesante politica di austerity, avviando il tanto temuto taglio dei sussidi per i carburanti che i precedenti governi non avevano mai osato, o potuto, mettere in atto, per timore di violente proteste. La sferzata è durissima. Ci si aspettano aumenti dell'ordine del 200 per cento su tutti i prodotti e del 20 per cento sul cibo.


È sabato, tassisti e autisti di microbus scioperano, bloccando alcune strade delle città. Taluni stracciano la foto di Abdel Fattah el-Sisi, che tenevano da qualche parte nella loro autovettura. Sono furibondi. Litigano con i tanti cittadini che usufruiscono ogni giorno dei loro servizi, perché questi ultimi si rifiutano di pagare il sovrapprezzo imposto loro. La sera precedente, lunghissime code di auto affollavano i distributori di benzina per assicurarsi l’ultimo rifornimento prima dell’inizio dell’austerità.

In Egitto è accaduto ciò che tanti temevano, pur pensando che presto o tardi fosse inevitabile. Il neoeletto presidente Abdel Fattah el Sisi è riuscito (finora) là dove i suoi predecessori Mohammed Morsi e Hosni Mubarak avevano fallito. Già il 24 giugno scorso, durante un discorso di fronte all’Accademia Militare, Sisi aveva annunciato di voler devolvere alla nazione metà del suo salario di presidente e dei suoi beni, invitando tutti gli egiziani, in patria e all’estero, a imitare, ognuno secondo le sue possibilità, il suo sacrificio. Aveva anche preannunciato severe misure economiche, perché la crisi che attraversa l’Egitto è grave. E venerdì 4 luglio, Sisi ha dato ufficialmente il via a una pesante politica di austerity, avviando il tanto temuto taglio dei sussidi per i carburanti che i precedenti governi non avevano mai osato, o potuto, mettere in atto, per timore di violente proteste.

La sferzata è durissima. L’incremento dei prezzi dei carburanti varia, in base al tipo, fra il 6,8 per cento per l’ottano -95, usato solo per le auto di lusso, e il 175 per cento per il gas naturale, usato principalmente dai taxi, passando per il 78 per cento dell’ottano -80, il carburante più comune. Anche il costo dell’elettricità subirà un incremento del 30 per cento e il diesel utilizzato nei processi di produzione vedrà una crescita del 64 per cento. Il costo per il trasporto di persone e merci, naturalmente, aumenterà di conseguenza. Ci si aspettano aumenti dell’ordine del 200 per cento su tutti i prodotti e del 20 per cento sul cibo. A ciò andrà aggiunto un incremento del 50 per cento delle tasse sulle sigarette, del 200 per cento sulla birra e del 50 per cento sugli altri alcolici. Una sferzata, appunto, che va a colpire una popolazione già stremata, soprattutto lo strato più basso della classe media, che rischia così di scivolare nella già affollata fascia di povertà.

Come accennato, tutti erano consapevoli della gravità della situazione economica e che una severa riforma dei sussidi era necessaria. Tuttavia, molti analisti (e molti cittadini egiziani) ritengono che la mossa di Sisi e del suo governo sia stata eseguita in maniera sconsiderata, poiché va a colpire i più poveri, togliendo loro i sussidi senza compensare con adeguati servizi e senza aumentare, nemmeno di un po’, i salari. E oltretutto, ciò accade in una situazione esplosiva di mancanza di tutele di basilari di diritti umani e di canali per esprimere liberamente il dissenso. Il Parlamento ancora non è stato eletto. Rana Allam, sulle pagine del 5 luglio del Daily News Egypt, riassume così la situazione: «Per molti egiziani, la storia è la stessa ogni giorno: svegliarsi al mattino per non trovare né acqua né elettricità, lasciare casa propria per recarsi al lavoro (se sono fortunati e ce l’hanno un lavoro, in primo luogo), salire su un indecente e completamente caotico mezzo di trasporto, rimanere imbottigliati in un traffico orrendo, soffrire un incremento del 40 per cento del costo per il trasporto, del 20 per cento per il cibo, del 30 per cento per elettricità e gas naturale, essere pagato in noccioline, e tutto ciò rischiando di morire in un incidente stradale (per il quale muoiono venti persone al giorno). E se quest’uomo pensasse di obiettare in qualunque modo, con un adesivo o unendosi a pacifiche proteste, rischierebbe di essere arrestato e torturato nelle aree di detenzione, o di subire un processo e prendersi quindici anni di carcere. O forse sarebbe accusato di appartenere a un gruppo terroristico e prenderebbe l’ergastolo o la pena di morte, a seconda di quel che accade il giorno della protesta».

La sferzata è giunta nel pieno del digiuno del mese di ramadan e dei mondiali di calcio, che offrono un po’ di distrazione. È arrivata fra un black out e l’altro, che interrompono sempre più spesso le normali attività quotidiane. Lo scontento è alto. Purtroppo, però, non molto lontano nella regione è comparso un minaccioso e preoccupante califfato, continuando a convincere molti che, fra Sisi e gli islamisti, in assenza di una terza valida alternativa, è di gran lunga meglio il primo.

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