Giordania e Libano sprofondano sotto il peso economico e sociale dei profughi fuggiti dalla Siria. E invocano aiuto dalla comunità internazionale. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha dichiarato che non riuscirà a mantenere l’attuale livello di assistenza per i rifugiati se continuerà a mancare l’aiuto della comunità internazionale.
(c.g.) – Giordania e Libano stanno sprofondando sotto il peso economico e sociale dei profughi fuggiti dalla Siria. E invocano aiuto dalla comunità internazionale. Un rapporto appena pubblicato dalle Nazioni Unite ha annunciato che entro il mese di dicembre in Libano i rifugiati siriani avranno raggiunto il traguardo di 1,5 milioni: equivalente a un terzo della popolazione ufficiale del Paese.
«Lanciamo un appello ai Paesi amici del Libano perché condividano questa responsabilità e aumentino gli aiuti in maniera significativa – ha dichiarato Rachid Derbas, ministro degli Affari sociali libanese -, per prevenire il collasso del sistema economico e le sue conseguenze umanitarie, garantendo sicurezza e stabilità al Paese».
Derbas ha sottolineato che il Libano ha ricevuto l’equivalente di 30 milioni di euro, il 23 per cento dei 128 milioni richiesti alla comunità internazionale. Una cifra quasi insignificante se si pensa che, secondo l’Onu, per affrontare seriamente le conseguenze della presenza dei rifugiati in Libano, per il 2014 sarebbe necessario un miliardo di euro.
Le condizioni di vita dei rifugiati sono in generale molto critiche. «La situazione peggiore la deve affrontare chi si stabilisce nelle aree vicino al confine, già molto povere», ha dichiarato Ninette Kelley, rappresentante dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur) in Libano. Il numero dei siriani ha superato, in diverse località del Paese, il numero degli stessi residenti. Questo squilibrio è fonte di forti tensioni sociali: a causa della presenza dei rifugiati, ad esempio, secondo il Fondo monetario internazionale il tasso di disoccupazione tra i libanesi ha superato il 20 per cento. Inoltre il 53 per cento dei profughi sono minorenni è necessitano cure e attenzioni particolari: «Il livello di raccolta fondi però è così insoddisfacente che il prossimo anno non riusciremo a mandare a scuola i 172 mila ragazzi siriani che ci eravamo riproposti – spiega la Kelley – e non sarà possibile portare a termine la campagna di vaccinazione antipoliomielite per i bambini sotto i 5 anni».
Secondo la funzionaria dell’Acnur, a causa della carenza di fondi, 800 mila rifugiati non potranno affrontare dignitosamente il prossimo inverno. Il governo libanese è così esasperato per la situazione da aver richiesto ripetutamente all’Onu di occuparsi direttamente della registrazione dei rifugiati (attività solitamente svolta dalle Nazioni Unite) con l’implicito obiettivo di limitare la concessione dello status e, quindi, di rallentare il flusso di cittadini siriani.
Da parte sua, lunedì l’Acnur, accogliendo le pressioni del governo libanese, ha revocato lo status di rifugiati in Libano a 45 mila persone; tutte accomunate dal fatto di non «comportarsi» esattamente da veri rifugiati, svolgendo frequenti viaggi in Siria pur avendo ottenuto lo status di profughi in Libano.
Anche la Giordania in questi giorni ha lanciato un accorato appello alla comunità internazionale. Il numero dei profughi siriani entrati in Giordania dall’inizio della crisi ha superato ufficialmente le 600 mila unità. Ma nel Paese erano già presenti, da prima del 2011, 750 mila siriani venuti per cercare lavoro o in fuga dal regime; oltre a 500 mila profughi iracheni (conseguenza della guerra del 2003) e a 900 mila egiziani con permesso di lavoro. Per un totale di oltre 2,7 milioni di stranieri: un numero insopportabile per un Paese, come la Giordania, con poco più di 6 milioni di abitanti. Andrew Harper, rappresentante dell’Acnur nel regno ashemita, ha dichiarato di aver ricevuto solo il 40 per cento dei fondi necessari all’assistenza dei rifugiati per il 2014. Per poter terminare l’anno mancherebbero ancora 440 milioni di euro dei 740 richiesti. L’Acnur ha dichiarato che non riuscirà a mantenere l’attuale livello di assistenza per i rifugiati se continuerà a mancare l’aiuto della comunità internazionale.