Il numero di luglio-agosto del bimestrale Terrasanta ospita, come sempre, la rubrica Mediterranea, a firma del giornalista libanese Camille Eid. Nell’anticipazione che qui vi proponiamo, l’autore prende spunto dalla cronaca per parlarci di califfato. Che cosa significa esattamente questo termine? E che caratteristiche ha avuto nel corso della Storia?
Il numero di luglio-agosto del bimestrale Terrasanta ospiterà, come sempre, la rubrica Mediterranea, a firma del giornalista libanese Camille Eid. Nell’anticipazione che qui vi proponiamo, l’autore prende spunto dalla cronaca per parlarci di califfato. Che cosa significa esattamente questo termine? E che caratteristiche ha avuto nel corso della Storia?
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Mi è stata data l’opportunità di andare a Sarajevo pochi giorni prima del centenario dell’attentato contro l’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria, il gesto assunto nel 1914 come il casus belli che diede inizio alla Prima guerra mondiale. Un’esperienza singolare per un mediorientale come me che «sente» il peso della Storia. Forse non tutti sanno che l’onda sismica provocata dai colpi di pistola esplosi nella città bosniaca hanno avuto effetti ancor più devastanti in Medio Oriente che in Europa. Basti pensare alla nascita, sulle ceneri dell’Impero Ottomano, di numerosi Stati i cui confini sono stati decisi a tavolino dagli alleati europei. Oppure, poco dopo i rivolgimenti della Grande guerra, all’abolizione del califfato ad opera di Kemal Ataturk, il fondatore della nuova Turchia.
Pochi giorni fa, a fine giugno, un evento ha rimesso tutto in discussione: la proclamazione, da parte dei jihadisti dell’Isil (Stato islamico dell’Iraq e del Levante), di un embrione di califfato, con l’abolizione materiale delle frontiere tracciate tra Iraq e Siria dai diplomatici (Mark) Sykes e (Georges) Picot e loro eredi (gli estensori dell’accordo segreto del 1916 tra Gran Bretagna e Francia, con l’assenso della Russia, per la spartizione delle aree d’influenza in Medio Oriente – ndr), definiti nei Paesi musulmani come «adoratori di Satana». Se sugli accordi segreti stipulati dagli alleati per «dividersi la pelle dell’orso» (mentre nello stesso tempo si moltiplicavano le promesse d’indipendenza ai nascenti Stati arabi) abbondano le testimonianze, sulla questione del califfato ha invece prevalso una forte mitizzazione che impedisce di vederci chiaro.
Le tante bocciature nei confronti del nuovo e autoproclamato Stato islamico, emanate dai più eminenti teologi del sunnismo, si sono infatti basate su «vizi di forma» relativi alle modalità di elezione del «nuovo califfo» Abu Bakr al-Baghdadi ad opera di un piccolo gruppo di pseudo ulema tutti iracheni, oppure sui metodi costrittivi dell’organizzazione terroristica di cui al-Baghdadi è leader e la sua rigida interpretazione dell’Islam. Nessuno ha osato andare oltre. Il sogno di un’unica leadership politico-religiosa islamica è, in fin dei conti, troppo radicato nella mente dei musulmani, checché ne dicano i libri di Storia.
L’istituzione del califfato (dall’arabo khilàfa, «successione») intendeva, alla morte di Maometto, dare visibilità all’unità della umma (la comunità dei fedeli) e continuità alla sua espansione nel mondo. Il punto è che di tutti i califfi, solo i primi quattro (i cosiddetti «ben guidati») sono stati scelti dai maggiorenti musulmani. Dal 661 al 1258, data della caduta di Baghdad in mano ai mongoli, il califfato diventa invece una carica ereditaria: prima della dinastia omayyade poi di quella abbaside. Un’evoluzione, questa, che andava contro il principio stesso della meritocrazia elettiva voluta all’inizio. Non solo. Sui 14 califfi omayyadi, 5 sono finiti assassinati o destituiti in congiure di palazzo, e lo stesso vale per 15 dei 37 califfi abbasidi.
Questo contesto di dissenso intacca persino l’epoca considerata dai salafiti come il vero modello del governo islamico, quella dei quattro «ben guidati» scelti tra i più prossimi compagni del Profeta, tre dei quali sono stati uccisi in conflitti tra musulmani. Senza parlare dei diversi califfati paralleli al potere centrale (come quello di Cordoba o quello dei Fatimidi del Cairo) che mettevano in discussione l’unità della umma. Rimasto per secoli puramente onorifico, del titolo califfale si fregeranno nel 1517 i sultani ottomani grazie alla loro conquista dei territori arabi. Fino al 1924, quando Ataturk abolisce ufficialmente il califfato con una mossa considerata un enorme sacrilegio operato dal laicismo turco contro la fede islamica. Il vero sacrilegio, invece, era stato commesso molto tempo prima dai detentori stessi del titolo, i quali avevano accettato di essere i «successori» del proprio genitore piuttosto che del Profeta.
Camille Eid