Per chi mi segue, non è una novità la mia passione per l’arte sacra; lo scorso anno ho condiviso su queste pagine l’esperienza che ho vissuto scrivendo l’icona del crocifisso per la cappella di Jaffa presso il convento di San Pietro e ora vorrei riflettere su alcuni importanti messaggi contenuti in una nuova icona realizzata per il centro pastorale per immigrati da poco inaugurato a sud di Tel Aviv. Il titolo di questa immagine sacra, che è anche il nome del centro è «Nostra Signora donna di valore».
L’icona è unica nel suo genere e la sua realizzazione ha una storia curiosa, iniziata con la richiesta da parte di padre David Neuhaus, vicario patriarcale per gli immigrati in Terra Santa e per le comunità di lingua ebraica, di realizzare un’immagine sacra per il nuovo centro pastorale che sarebbe sorto nella periferia della città. Il progetto ha coinvolto il sottoscritto, il mio collega e amico iconografo Andres; Benedetto, un altro caro amico seminarista e alcune suore che ci hanno aiutato, nel disegno e nella stesura dei colori (suor Damiana di Orvieto e suor Ginetta di Betlemme). Non si tratta, strettamente parlando, di un’icona ortodossa, perché non riproduce un modello antico, ma una nuova immagine creata appositamente per questa chiesa. Rappresenta Maria, nostra Signora donna di valore, titolo inspirato dal brano dell’ultimo capitolo del libro dei Proverbi, testo molto conosciuto dalla tradizione ebraica che loda la donna forte di fede e valori che provvede alla sua casa con impegno e profitto: «Una donna perfetta chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. Forza e decoro sono il suo vestito. Apre la bocca con saggezza e sulla sua lingua c’è dottrina di bontà. Molte figlie hanno compiuto cose eccellenti, ma tu le hai superate tutte!» (Pr 31).
La maggior parte dei fedeli che frequentano il centro sono donne immigrate, dall’Asia e dall’Africa, e sono donne forti e coraggiose che hanno lasciato le loro famiglie per poterle aiutare da lontano e che trovano in Maria il loro modello. La Santa Vergine rappresenta la Chiesa e tiene in mano un rotolo con i versetti del libro dei Proverbi in lingua ebraica. Nel cuore dell’icona c’è Cristo, vero centro della vita di ogni cristiano. Sotto il manto della Santissima Madre il popolo che vive nel quartiere della stazione centrale della città trova rifugio e protezione; uomini, donne e bambini di diverse origini: filippini, indiani, srilankesi, eritrei, sudanesi, e altri africani, così come ebrei locali e arabi. Tra di essi ci sono anche alcuni religiosi e religiose che aiutano nella pastorale del centro. Sullo sfondo è rappresentata la città di Tel Aviv con alcuni palazzi tipici e la stazione centrale con il quartiere in cui il centro è costruito, una zona molto povera e degradata della città.
Quando abbiamo iniziato a progettare il disegno, io e gli altri iconografi abbiamo pensato di inserirci tra i fedeli sotto il manto della Vergine; ci sembrava un’idea simpatica essere in qualche modo presenti, per rimanere ricordati per sempre nel dipinto e così ci siamo rappresentati. Mentre i mesi passavano e le ore dedicate al dipinto aumentavano, crescevano anche le nostre esperienze pastorali al centro che iniziava ad essere utilizzato durante i fine settimana per le varie attività e diveniva vivo e vibrante di fede. Lezioni di catechismo con i piccoli, la celebrazione delle liturgie con le donne e gli uomini di tutto il mondo, l’ascolto delle loro storie, fatte di sofferenze, di prove, di fatiche, ci ha molto colpito. Così è mutato il significato del nostro essere parte dell’icona, non ci sentivamo più gli autori del lavoro, ma piccoli figli della Chiesa e fratelli di questa gente, bisognosi come loro di protezione e ispirazione. Tante volte nella vita mi sono trovato di fronte a persone piene di pregiudizi e astio nei confronti degli immigrati, e alcune volte anche io non ho saputo cosa pensare veramente circa queste persone; uomini e donne mai veramente capiti e accolti, forse perché non ascoltati sufficientemente e ancor meno compresi empaticamente, provando a mettersi nei loro panni.
Questo centro e questa icona hanno dato a me e ai miei fratelli un’occasione unica per comprendere cosa significhi essere «forestieri e pellegrini in questo mondo», come dice san Pietro nelle sue lettere, lontani dalla famiglia pur avendola sempre nel cuore e nelle preghiere, coraggiosi ricercatori di un futuro migliore per i propri cari e per il mondo intero. Mai come in questi mesi abbiamo compreso l’amore che Papa Francesco ha per le periferie delle città e per gli ultimi. Questa icona rappresenta così l’inizio e la speranza che abbiamo con lui nel cuore, il desiderio di una Chiesa per i poveri, e nel nostro caso, in una Terra Santa ancora ferita ma custodita dalla grazia e dall’amore del Salvatore e della Sua Madre benedetta.