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Nefandezze e dissenso in Egitto

di Elisa Ferrero
25 giugno 2014
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In un Paese nuovamente nelle mani di un governo dispotico avvengono episodi che intristiscono anche chi osserva da lontano. Ne raccontiamo due che coinvolgono anche con la galassia dell'informazione. Fortunatamente non sono passati inosservati e hanno suscitato reazioni e proteste. Segno che non ogni speranza è perduta.


Per chi segue da vicino le vicende egiziane, e ne è in qualche modo coinvolto professionalmente o affettivamente, è particolarmente arduo, talvolta persino penoso, osservare lo stato d’animo di quanti hanno creduto e lottato, in questi ultimi anni, per un vero cambiamento in Egitto. Raccontare il loro smarrimento, la loro rabbia, il loro dolore e la loro quotidiana resistenza psicologica di fronte a quello che, in questo periodo, pare loro non solo come un ritorno all’oppressione, ma anche come un «deterioramento di senso» che assume forme a volte paradossali, è ancora più difficile.

Due episodi, fra i tanti, hanno colpito il cuore più di altri. Il primo è accaduto il giorno dell’insediamento di Abdel Fattah al-Sisi come nuovo presidente della repubblica. La folla si era radunata in piazza Tahrir per festeggiare il neoeletto e, come purtroppo accaduto altre volte, una decina di donne hanno subito pesanti aggressioni sessuali, alcune con gravi conseguenze per le vittime. Una di loro, una donna di quarantacinque anni accompagnata dal figlio di cinque, è stata assalita da un branco di uomini, denudata e poi fortunatamente tratta in salvo. Qualcuno ha girato un video della scena che ha fatto il giro dei social media e forse solo per questo l’episodio ha attirato l’attenzione di tivù e giornali nazionali, i quali avrebbero volentieri sorvolato sulla vicenda. I casi ripetuti di violenza collettiva sulle donne durante gli affollamenti di manifestazioni e celebrazioni sono di per sé spaventosi, ma la goccia che ha veramente fatto traboccare il vaso è stata il commento raccapricciante di una giornalista di Al Tahrir TV Channel, Maha Bahnassy, quando l’inviata dalla piazza ha menzionato le aggressioni occorse a diverse donne in mezzo ai festeggiamenti: Mabsutin ba’a!, «Sono contenti!», con risatina frivola a seguire.

Il secondo fatto increscioso ci giunge dalle pagine del noto quotidiano indipendente Al-Masry al-Youm, che il 20 giugno pubblicava un articolo di Nassar Abdallah, professore di filosofia all’Università di Sohag e scrittore, nel quale costui pareva suggerire fra le righe l’applicazione di una presunta «soluzione brasiliana» al problema egiziano dei bambini di strada, cioè la loro eliminazione fisica. Con gran disinvoltura, senza sostanziare con alcun riferimento preciso quando, dove e come tale soluzione sarebbe stata applicata in Brasile, il professor Abdallah lodava, in qualche modo, il coraggio dell’amministrazione brasiliana nel compiere una scelta così dura, ma economicamente più vantaggiosa del reinserimento in società dei bambini di strada.

Due episodi terribili, una giovane giornalista rappresentante del mondo dell’informazione e un attempato intellettuale rappresentante dell’élite pensante del Paese, due generazioni diverse e, si potrebbe dire, la stessa alterazione del senso di umanità. Due episodi che, tuttavia, illustrano bene quanto la battaglia cruciale che si svolge in Egitto oggi sia sul piano del pensiero e dell’etica, prima ancora che sul piano politico. Una battaglia che non riguarda solo i poveri e gli analfabeti, come spesso si ama dire, perché Maha Bahnassy e Nassar Abdallah sono istruiti e acculturati, probabilmente anche benestanti.

Si farebbe, tuttavia, un grave torto all’Egitto se ci si limitasse a deplorare il deterioramento etico che questi episodi incarnano, il ritorno a un regime dispotico e la rinnovata repressione del dissenso visibile nell’incarcerazione di tanti attivisti, giornalisti e dissidenti di qualunque tipo, i quali stanno pagando il prezzo più alto di questa recrudescenza. Il dissenso c’è ancora e non è soltanto quello nei confronti del governo, lo dimostrano l’enorme indignazione e il clamore suscitati dai due casi raccontati, che hanno portato il dibattito su due temi scottanti, la violenza sulle donne e i bambini di strada, fin dentro i bar. La Al Tahrir TV Channel è stata costretta a licenziare Maha Bahnassy, mentre il quotidiano Al-Masry al-Youm ha dovuto rimuovere l’articolo di Nassar Abdallah poche ore dopo la sua pubblicazione, a causa delle forti proteste di numerosi lettori. Molti, inoltre, hanno risposto per le rime al detestabile articolo e ora il professor Abdallah dovrà anche affrontare un processo, dopo la denuncia nei suoi confronti di una ong egiziana che lavora con i bambini di strada. Queste reazioni sono un robusto seme di speranza e resistenza.

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