Domenica 8 giugno 2014 in Egitto (l’ex generale) Abdel Fattah el-Sisi si è insediato ufficialmente come capo dello Stato. Dopo aver vinto con oltre il 96 per cento dei voti espressi le elezioni di maggio, l’ex capo delle Forze armate ha prestato giuramento al Cairo davanti ai giudici della Corte costituzionale.
(Gerusalemme/m.m.l.v.) – Domenica 8 giugno 2014 in Egitto (l’ex generale) Abdel Fattah el-Sisi si è insediato ufficialmente come capo dello Stato. Dopo aver vinto con oltre il 96 per cento dei voti espressi (ma solo il 47.45% degli aventi diritto si è recato alle urne) le elezioni del 26, 27 e 28 maggio, l’ex capo delle Forze armate ha prestato giuramento al Cairo davanti ai giudici della Corte costituzionale, nel corso di una cerimonia strasmessa in diretta televisiva. Con il giuramento si è impegnato, davanti a Dio, a «preservare il sistema democratico e rispettare la Costituzione», durante i quattro anni del suo mandato.
All’insediamento ufficiale erano presenti i capi di Stato di vari Paesi africani, oltre a tutti i monarchi dei Paesi del Golfo, ad eccezione dell’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim ben-Hamad al-Thani. Il re Abdallah II di Giordania, il sovrano del Bahrein, Hamed ben Issa al-Khalifa, l’emiro Sabah IV al-Ahmad al-Jabir Al Sabah, del Kuwait e il principe ereditario d’Arabia Saudita – Salman bin Abdul Aziz al-Saud – hanno nuovamente assicurato al presidente il loro sostegno, anzitutto finanziario.
Anche il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mohmoud Abbas, ha preso parte alla cerimonia, prima di recarsi in Vaticano dove era atteso, insieme con l’israeliano Shimon Peres, per l’invocazione di pace proposta da Papa Francesco. Il presidente palestinese spera di poter contare sull’appoggio di el-Sisi sul fronte dei negoziati con Israele.
L’ex generale gode di un’immagine molto positiva presso il governo israeliano. Soprattutto dopo il luglio 2013, quando giocò un ruolo determinante nella destituzione e nell’arresto del suo predecessore, l’islamista Mohamed Morsi, favorevole ad Hamas e quindi inviso allo Stato ebraico. Il presidente Shimon Peres e il premier Benjamin Netanyahu si sono affrettati ad inviare al nuovo rais egiziano le loro felicitazioni subito dopo la sua elezione. Nel suo messaggio, Peres ha augurato agli egiziani «prosperità e successo» e ha sottolineato che Israele è «impegnato a rispettare il trattato di pace con l’Egitto e a rafforzare la cooperazione tra le due Nazioni». Anche Netanyahu, in un comunicato, ha voluto richiamare l’importanza della pace tra i due Stati. Non bisogna dimenticare che l’Egitto è stato il primo Paese arabo a sottoscrivere un trattato di pace con lo Stato ebraico nel 1979.
Se in Israele e nell’Autorità Palestinese si registra soddisfazione per l’elezione di el-Sisi, non si può dire lo stesso per le potenze occidentali che hanno rifiutato di inviare un proprio capo di Stato ad assistere alla cerimonia d’insediamento. A rappresentarle solo un alto funzionario del governo o semplicemente l’ambasciatore accreditato in Egitto. Bisogna riconoscere che il «nuovo faraone» porta su di sé il peso di 1.500 vittime e 15 mila arresti mietuti nella lotta intrapresa negli ultimi mesi per annientare i Fratelli Musulmani, ormai ufficialmente dichiarati come «organizzazione terrorista». Gli egiziani stessi – come dimostra l’alto tasso di astensione dal voto, dovuto all’assenza dell’opposizione – son ben lontani dal sostenere di tutto cuore il nuovo presidente. Numerose ong hanno ricordato che la destituzione del presidente Morsi, il 3 luglio 2013, va considerata come un vero e proprio colpo di Stato. Qualcuno non ha esitato a dire che «si torna a un regime ancora più autoritario di quello di Hosni Mubarak».