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In Israele un nuovo approccio al disagio mentale dei profughi

di Giuseppe Caffulli
9 giugno 2014
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Il dramma della malattia mentale e della depressione colpisce in maniera significativa migliaia di profughi e richiedenti asilo che premono alle frontiere dei Paesi più ricchi. Anche molti tra i rifugiati africani in Israele hanno subito abusi e traumi psichici nei loro Paesi d’origine. Di recente anche il ministero della Sanità dello Stato d’Israele ha deciso di intervenire, aprendo a Jaffa-Tel Aviv una clinica gratuita per i traumi e disturbi psichici.


Il dramma della malattia mentale e della depressione colpisce in maniera significativa migliaia di profughi e richiedenti asilo che premono alle frontiere dei Paesi più ricchi. Secondo Medici senza frontiere, il 15 per cento dei rifugiati siriani in Giordania e Iraq soffrirebbe di disturbi mentali gravi, causati dalla situazione di stress determinata dalla guerra. Tra le patologie più ricorrenti (anche tra i minori) le manie suicide, ma soprattutto traumi psicologici in grado di modificare in maniera a volte definitiva la percezione della realtà e delle relazioni.

Anche molti tra i rifugiati africani in Israele hanno subito abusi e traumi psichici nei loro Paesi d’origine (Eritrea, Sudan, Libia) segnati da povertà e conflitti. In migliaia provengono da veri e propri campi di tortura, da dove sono riusciti a fuggire, ammassandosi alle frontiere dello Stato sionista. Che con i clandestini in genere non è affatto tenero.

L’emergenza umanitaria legata alle malattie mentali e ai disagi psichici di profughi e rifugiati è stata fino a pochi mesi fa sopportata esclusivamente dalle organizzazioni non governative, in particolare da Medici per i diritti umani (Physicians for Human Rights, Phr). I volontari medici di Phr da tempo fornivano assistenza di base e specialistica in un ambulatorio aperto a Jaffa.

La buona notizia è che di recente anche il ministero della Sanità dello Stato d’Israele ha deciso di intervenire, aprendo a Jaffa-Tel Aviv una clinica gratuita per i traumi e disturbi psichici. La struttura è in collaborazione con l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur), che sta spingendo perché il servizio possa diffondersi anche in altre parti del Paese.

«È un passo avanti – spiega Elisheva Milokovsky, capo del dipartimento di rifugiati e richiedenti asilo di Phr – ma non è sufficiente. Solo nella zona di Tel Aviv siamo già in emergenza, tante sono le persone che accedono al servizio. Si tratta comunque di un fatto positivo: il governo israeliano sembra accettare una responsabilità nei confronti di questi ammalati».

Secondo le stime dell’Acnur sarebbero oltre 50 mila i richiedenti asilo e i rifugiati in Israele. Tra questi, almeno 7 mila soffrirebbero di malattie mentali e disturbi psichici, nella maggioranza dei casi provocati dalle sofferenze fisiche e psicologiche patite sulle «rotte della disperazione», in balia dei trafficanti di esseri umani.

Capo della nuova struttura psichiatrica governativa di Jaffa, che annovera 25 persone tra medici, paramedici e interpreti è lo psichiatra Ido Lurie. «Cerchiamo di aiutare i pazienti non solo psicologicamente, ma anche in qualsiasi altro modo possibile, nella salute generale, nel trovare un tetto e nel reperire il cibo necessario, anche indirizzandoli alle ong attive nel sostegno a profughi e rifugiati».

La clinica del ministero della Salute israeliano ha la possibilità di redigere referti che hanno valore legale e che permettono ai pazienti psichiatrici di non essere internati nel campo di detenzione di Holot, che si trova nel deserto del Neghev. La struttura è pensata per 3.300 migranti giunti in Israele senza regolari documenti, ed è destinata a espandersi fino ad ospitare 9 mila persone.

«Il nostro punto di vista professionale – tiene a dire il dottor Lurie – è che sono ammalati. Chi soffre di depressione e di disagi psichici post-traumatici non dovrebbe essere detenuto. Speriamo che le nostre indicazioni vengano prese in considerazione». 

(Twitter: @caffulli)

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