Papa Francesco ai ragazzi palestinesi: «Non lasciatevi schiacciare dal passato»
Tutta nel «segno dei bambini», in loro difesa e in loro ascolto, la giornata di Papa Francesco a Betlemme. Perché se i grandi vogliono fare la pace, ha affermato oggi il Pontefice nella città del Dio-bambino, devono ripartire dai bisogni e dalla dignità dei bambini. Il breve soggiorno di Bergoglio in Palestina si è concluso proprio con un incontro coi bambini.
(c.g.) – Tutta nel «segno dei bambini», in loro difesa e in loro ascolto, la giornata di Papa Francesco a Betlemme. Perché se i grandi vogliono fare la pace, ha affermato oggi il Pontefice nella città del Dio-bambino, devono ripartire dai bisogni e dalla dignità dei bambini.
Il Vangelo della messa solenne è il racconto della natività di Luca («Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia», Lc 2,12). E su questo «segno» si è soffermato il Pontefice nell’omelia: «Il Bambino Gesù, nato a Betlemme, è il segno dato da Dio a chi attendeva la salvezza – ha spiegato il Papa –. Anche oggi i bambini sono un segno. Segno di speranza, segno di vita, ma anche segno “diagnostico” per capire lo stato di salute di una famiglia, di una società, del mondo intero. (…) Dio oggi ripete anche a noi, uomini e donne del XXI secolo: «Questo per voi il segno», cercate il bambino… Purtroppo, in questo mondo che ha sviluppato le tecnologie più sofisticate, ci sono ancora tanti bambini in condizioni disumane». Bambini sfruttati, umiliati, rifugiati, bambini-soldato e bambini-schiavi. «Siamo capaci di stare accanto a loro, di “perdere tempo” con loro? – chiede Francesco – Sappiamo ascoltarli, custodirli, pregare per loro e con loro? O li trascuriamo, per occuparci dei nostri interessi?».
Anche il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, nel ringraziamento al Pontefice al termine dell’eucarestia ha parlato dei diritti negati dei bambini, pensando in particolare a quelli palestinesi: «Non c’è più posto per i bambini nella legislazione e sono assenti nelle trattative. I nostri giovani hanno sperimentato, sulle orme del Divino Bambino, l’emigrazione, la fame, il freddo e spesso anche la demolizione delle proprie case».
Proprio a quei bambini palestinesi Papa Francesco ha concesso tempo ed ascolto, prima di congedarsi da Betlemme e dallo Stato di Palestina. Nel campo profughi di Dheisheh, in un salone del Phoenix Center, Francesco ha incontrato cento bambini ascoltando le loro parole, scherzando e parlando con loro. «Caro Papa, Siamo i figli della Palestina, abbiamo visto la Naqba (la “catastrofe” del popolo palestinese nel 1948, che coincide con la nascita dello Stato di Israele e la prima guerra arabo-israeliana – ndr) negli occhi dei nostri nonni – ha letto in italiano uno dei bimbi presenti -. Vogliamo dire basta a sofferenze e umiliazioni!». Papa Francesco gli ha risposto con poche parole semplici, quasi una lezione universale di speranza, su come disinnescare l’odio e la violenza e ricominciare sempre nella vita: «Non pensate mai – ha detto il Papa – che il passato determini la vita. Guardate sempre avanti, lavorate per ottenere quel che volete. La violenza non si vince con la violenza. La violenza si vince con la pace, il lavoro, la dignità. Chiedo a Dio che vi benedica e vi chiedo di pregare per me».