Ci saranno anche loro, la sera del 24 maggio, ad accogliere Papa Francesco a Betania oltre il Giordano, nel sito del Battesimo di Gesù: sono 29, tra ragazzi disabili e giovani volontari, provenienti dall’Arsenale dell’Incontro di Madaba, uno dei più importanti centri per disabili del Paese, espressione in Giordania del Sermig di Torino.
Ci saranno anche loro, domani sera, ad accogliere Papa Francesco a Betania oltre il Giordano, nel sito del Battesimo di Gesù: sono 29, tra ragazzi disabili e giovani volontari, provenienti dall’Arsenale dell’Incontro di Madaba, uno dei più importanti centri per disabili del Paese, espressione in Giordania del Sermig di Torino. «Proprio uno dei nostri ragazzi è stato scelto per parlare di fronte al Papa, salutarlo e raccontargli la sua esperienza – ci spiega Chiara, laica consacrata italiana che si occupa, assieme alle consorelle Cristina e Maria Pia, della gestione del centro –: siamo tutti davvero emozionati…».
Al luogo del Battesimo, Papa Francesco incontra i rappresentanti di coloro che in Giordania stanno vivendo situazioni di particolare disagio: oltre a famiglie povere e ai rifugiati politici iracheni e siriani, sulle rive del Giordano saranno presenti anche molti disabili. Nel Paese la disabilità rappresenta da sempre un’emergenza: secondo le stime più accreditate, la percentuale di cittadini disabili si aggira intorno al 10 per cento della popolazione. Il pregiudizio legato alla condizione di disabilità è tale che a volte le famiglie nascondono ancora in casa i figli disabili, per vergogna o ignoranza.
L’Arsenale del dialogo sorge nei locali di una ex-scuola, pochi chilometri a nord della città di Madaba, famosa per i meravigliosi mosaici bizantini e l’alta percentuale di cittadini cristiani. «Siamo qui dal 2003 – racconta Chiara –. Ma la nostra presenza è il frutto di una collaborazione tra il Sermig di Torino e le autorità giordane che risale agli anni Novanta del secolo scorso. Dalla Giordania, infatti, in quegli anni partivano convogli umanitari organizzati dal Sermig verso i vicini Paesi in guerra… Un po’ alla volta i rapporti con le autorità e con la Chiesa locale si sono rafforzati. Ne è nata un’amicizia il cui frutto è stato la presenza stabile del nostro centro, che abbiamo chiamato l’Arsenale dell’Incontro, perché vorremmo che fosse appunto un luogo d’incontro basato non sulle parole ma sui fatti, sulla carità concreta».
Il centro svolge attività scolastica, di cura e di avviamento al lavoro per bambini e ragazzi disabili, cristiani e musulmani. Gli studenti sono 185, divisi in due gruppi: gli alunni della scuola (85), a loro volta divisi nei turni del mattino e del pomeriggio; e gli studenti che seguono corsi individuali di logopedia, fisioterapia e terapia occupazionale. Camminando per i corridoi si respira un senso di allegria e di grande dignità: alle pareti ci sono disegni e scritte colorate ma anche le foto che raffigurano l’incontro tra Ernesto Olivero (fondatore e anima del Sermig) e il re Abdallah II, grande sostenitore del centro; e le immagini delle gite e dei momenti di svago organizzati per i ragazzi da operatori e volontari.
In un’aula, delle bambine imparano semplici lavori domestici, come abbottonare correttamente le camicie, piegare i vestiti e riporli; una classe sta provando i canti della festa di fine anno in palestra; e nel laboratorio di mosaico alcuni dei ragazzi più grandi cercano di apprendere quello che potrebbe diventare il loro futuro lavoro. «Gli attrezzi del nostro laboratorio di mosaico hanno una storia speciale – racconta Chiara –: ci sono stati donati da una vedova, che aveva appena perso il marito artigiano; questa donna ha pensato di donarceli perché potessimo utilizzarli per il bene dei ragazzi. La cosa più bella, però, è che la vedova è una signora musulmana… quello che cerchiamo di fare, qui all’Arsenale dell’Incontro, è proprio questo: educare tutti, i ragazzi e le loro famiglie, alla bellezza della restituzione: se ho ricevuto qualche dono, e tutti ne abbiamo ricevuti, è bello se lo metto a disposizione degli altri».
Il Centro è diventato negli anni anche un luogo di «cultura del bene»: le scuole giordane del patriarcato latino (come anche la vicina parrocchia di San Giovanni Battista, a Madaba) vi mandano ragazzi e studenti a fare volontariato, incontri sulla mondialità, ritiri spirituali. «Le necessità sociali sono enormi – racconta Chiara –: basti pensare che abbiamo una lista d’attesa di 200 famiglie che ci hanno chiesto di occuparci dei loro ragazzi disabili; e non appena si libera un posto, cerchiamo subito di inserire chi ha bisogno. Il servizio che proponiamo è gratuito e la provvidenza non ci è mai mancata. Da quando abbiamo saputo che il Papa sarebbe venuto ad Amman, abbiamo iniziato a pregare per questo incontro con i volontari cristiani della città. E domani finalmente potremo incontrarlo».