Di fronte a una trama come «una donna palestinese e una israeliana vengono scambiate ad un check-point», l’aspettativa è quella di un film che possa approfondire in maniera originale il tema della difficile convivenza fra i due popoli. Purtroppo, però, Self Made, l'ultima opera della regista israeliana Shira Geffen, presentato alla 53° Semaine de la Critique di Cannes, delude le attese.
Di fronte a una trama come «una donna palestinese e una israeliana vengono scambiate ad un check-point», l’aspettativa è quella di un film che possa approfondire in maniera originale il tema della difficile convivenza fra i due popoli, e riflettere sugli enormi condizionamenti e differenze di opportunità che il vivere dalla parte «sbagliata» di un muro provoca ogni giorno agli uomini, alle donne e ai bambini palestinesi.
Da questo punto di vista, Self Made, il nuovo film della regista israeliana Shira Geffen, presentato alla 53° Semaine de la Critique di Cannes, si è rivelato una delusione.
Quella che ci si trova davanti, infatti, non è niente di più che una commedia. Con spunti assolutamente originali e divertenti, questo non lo si può assolutamente negare.
E tuttavia, se è vero che qualche regista ebreo è arrivato a fare ridere sul nazismo (Mel Brooks con Per favore non toccare le vecchiette, Dani Levy con Mio Führer – La vera autentica verità su Adolf Hitler), non è detto che un simile approccio si possa rivelare fruttuoso anche in una situazione come questa.
Nel film al momento dello «scambio» non corrisponde alcun cambiamento della direzione verso cui la storia procede, o del tono con cui ci viene raccontata. Da quel punto in poi, la palese irrealtà delle situazioni riesce a strappare quasi esclusivamente sorrisi amari.
Qualcuno potrà dire che si tratta di quello stesso tocco surrealista che caratterizzava anche Jellyfish, il film sceneggiato dalla Geffen insieme al marito Etgar Keret, presentato sulla Croisette nel 2007 e che si è aggiudicato la Camera d’Or. La Geffen ha dichiarato: «Non mi piacciono i film da cui esci e hai capito tutto quello che il regista voleva dire».
Eppure, la sensazione che rimane è quella di trovarsi di fronte a un’occasione sprecata.