Lo storico Enrico Norelli tratteggia un affresco di ampio respiro sui processi che portarono alla sopravvivenza del messaggio di Gesù e all’affermazione di uno dei modelli possibili di cristianesimo, nel contesto denso di diatribe religiose dei primi secoli della nostra éra.
Docente di Storia del cristianesimo delle origini all’Università di Ginevra, Norelli parte dalla domanda sul perché il messaggio di Gesù, a differenza di quello di altre figure vissute prima e dopo di lui, sopravvisse alla morte violenta del suo fondatore, alla delusione fra i suoi seguaci per il suo mancato ritorno, alle repressioni che quasi subito cominciarono a falcidiare le fila dei cristiani, e dalle quali scaturivano inspiegabilmente agli occhi dei cronisti contemporanei nuovi adepti. Fino ad imporsi nel giro di tre secoli come religione dell’Impero, con una saldatura fra fede e potere politico impensabile all’indomani della morte dell’ebreo Gesù, un personaggio assolutamente marginale nella storiografia romana, sulla cui biografia le notizie al di fuori dei Vangeli sono molto scarne.
Il lettore che guarda attraverso le lenti dello storico al lungo processo della genesi del cristianesimo, nuova entità religiosa che rimase nei primi secoli molto differenziata al suo interno, intravvede così il ruolo svolto dal dinamismo dei discepoli, dalla loro coscienza di avere dei compiti da svolgere e dalla capacità di costruire la memoria delle opere del fondatore, sia attraverso la raccolta dei suoi detti, denominata «Fonte Q», sia con la successiva redazione dei Vangeli (che, come è noto, erano più di quattro). Norelli sottolinea poi l’universalità di un messaggio capace di adattarsi a circostanze diverse, costruendo attraverso le scuole filosofiche un nuovo universo simbolico dell’umanità allora conosciuta: non più solo ebrei e greci ma chi accetta di essere salvato e chi no, tra persone di cultura diversa, liberi e schiavi, uomini e donne, nella predicazione e nelle fondamentali lettere pastorali di Paolo. E, last but not least, la presenza di contesti sociali e la prassi di centri caritativi nei quali la memoria di Gesù dava senso alla vita e valeva la pena di esser trasmessa, persino nelle più feroci persecuzioni.
Al punto che tra le pagine più illuminanti figurano quelle dell’inchiesta inviata dal magistrato Plinio il Giovane all’imperatore Traiano, che aiutano il lettore odierno a capire in cosa consistesse il delitto di essere cristiani: «Domandai a loro stessi – racconta Plinio – se fossero cristiani. A quelli che rispondevano affermativamente ripetei due o tre volte la domanda, minacciando il supplizio: quelli che perseveravano li ho fatti uccidere. Non dubitavo, infatti, qualsiasi cosa fosse ciò che essi confessavano, che si dovesse punire almeno tale pertinacia ed inflessibile ostinazione».
E ancora, nel pensiero dell’imperatore e filosofo stoico Marco Aurelio, la critica ai cristiani per il loro disprezzo per la morte «fanatico e irrazionale» e non «ragionato e nobile», e la ricostruzione delle dinamiche sociali che, come avvenne secoli dopo per gli ebrei e altre minoranze non pienamente integrate nel sistema maggioritario, portavano a vedere con sospetto di infedeltà e di eversione dell’ordine pubblico tutti i gruppi che si ostinavano a mantenere un culto separato. Quella romana era infatti una società dove la religione aveva una funzione pubblica e dove non c’era spazio per i «diversi», pena il diventare capro espiatorio delle tensioni sociali ed economiche.
Con gli strumenti della più rigorosa ricerca storica lo studioso conduce il lettore all’interno del quadro estremamente diversificato che, dalla Galilea del I secolo e dai viaggi missionari di Paolo, per il quale la fede in Gesù rappresentava il solo modo legittimo per continuare a credere nel Dio d’Israele, portò i gruppi di credenti in Gesù, prima ebrei e poi di cultura greca, a sostenere diverse interpretazioni, correnti e dottrine del messaggio di Gesù. Con dispute che si protrassero almeno fino al Quinto secolo, e che da una certa data implicarono anche il dibattito su cosa dovesse esser considerato «eresia».
Tra la sterminata bibliografia sull’argomento, La nascita del cristianesimo entra a pieno titolo tra i saggi che non attingono alla lettura teologica o «teleologica», deterministica delle origini del cristianesimo bensì a quelli che affrontano gli interrogativi sulla ricezione del messaggio di Gesù alla luce delle nuove ricerche condotte dal dopoguerra ad oggi con gli strumenti della storiografia, della storia sociale e delle mentalità, dell’analisi dei testi dei primi pensatori cristiani e dei loro detrattori. Ne esce un racconto di notevole interesse non solo per gli addetti ai lavori ma anche per chi è interessato a cogliere la complessità dei processi culturali, religiosi e politici che hanno portato alla nascita della Chiesa.
Enrico Norelli
La nascita del cristianesimo
il Mulino, Bologna 2014
pp. 280 – 22,00 euro