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Francesco ha voluto l'imminente viaggio in Terra Santa anche come tappa di un percorso di dialogo e amicizia con le Chiese sorelle.

Bergoglio, Papa ecumenico

Giuseppe Caffulli
28 aprile 2014
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«Cari fratelli e sorelle, prima di tutto ringrazio di cuore quello che il mio Fratello Andrea, il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, ci ha detto. Grazie tante! Grazie tante!». Il 20 marzo 2013, a pochi giorni dalla sua elezione al soglio di Pietro, Papa Francesco iniziava con queste parole il suo discorso ai rappresentanti delle Chiese, delle comunità cristiane e di altre religioni. E proseguiva, ricordando l’evento straordinario del concilio Vaticano II: «Insieme con voi non posso dimenticare quanto quel Concilio abbia significato per il cammino ecumenico. Mi piace ricordare le parole che il beato Giovanni XXIII, di cui ricorderemo tra breve il cinquantesimo della scomparsa, pronunciò nel memorabile discorso di inaugurazione: “La Chiesa cattolica ritiene suo dovere adoperarsi attivamente perché si compia il grande mistero di quell’unità che Cristo Gesù con ardentissime preghiere ha chiesto al Padre Celeste nell’imminenza del suo sacrificio; essa gode di pace soavissima, sapendo di essere intimamente unita a Cristo in quelle preghiere”. (AAS 54 [1962], 793). Questo Papa Giovanni».

«Sì, cari fratelli e sorelle in Cristo – ha continuato il pontefice –  sentiamoci tutti intimamente uniti alla preghiera del nostro Salvatore nell’Ultima Cena, alla sua invocazione: ut unum sint. Chiediamo al Padre misericordioso di vivere in pienezza quella fede che abbiamo ricevuto in dono nel giorno del nostro Battesimo, e di poterne dare testimonianza libera, gioiosa e coraggiosa. Sarà questo il nostro migliore servizio alla causa dell’unità tra i cristiani, un servizio di speranza per un mondo ancora segnato da divisioni, da contrasti e da rivalità. Più saremo fedeli alla sua volontà, nei pensieri, nelle parole e nelle opere, e più cammineremo realmente e sostanzialmente verso l’unità».

Con queste parole Francesco ha ribadito quanto importanti siano per lui le parole e i gesti con i quali superare le divisioni tra i cristiani per proseguire la strada per una sempre più visibile unità della Chiesa. «Fin dai primi passi del suo pontificato Papa Francesco – spiega Riccardo Burigana, direttore del Centro studi ecumenici di Venezia – ha voluto rivolgere un invito, non solo ai cattolici, ma a tutti i cristiani per vivere quanto fatto e sottoscritto negli ultimi decenni in campo ecumenico solo come una prima tappa di un cammino che i cristiani sono chiamati a compiere, rimuovendo le divisioni nella scoperta delle ricchezze delle tradizioni delle comunità cristiane da condividere nell’annuncio e nella testimonianza dell’Evangelo. Proprio da questo primo incontro si è venuta così delineando l’azione ecumenica di papa Francesco, che si è arricchita grazie a una serie di incontri, a cominciare da quello con  Tawadros II, patriarca della Chiesa ortodossa copta d’Egitto. Tra i gesti e le parole di Papa Bergoglio in questa prospettiva un posto di rilievo spetta al rapporto che il Papa ha voluto costruire con il patriarca Bartolomeo, rinnovando la tradizione dello scambio di messaggi e della presenza di delegazioni fraterne in occasione delle festività dei santi Pietro e Paolo (29 giugno) e di sant’Andrea (30 novembre), ma soprattutto alla luce del cinquantesino anniversario del viaggio di Paolo VI in Terra Santa, del gennaio 1964, quando papa Montini incontrò il patriarca Atenagora, mentre il Vaticano II era ancora in pieno svolgimento e non c’era niente di sicuro e di scontato riguardo allo schema sull’ecumenismo in discussione in Concilio».

L’incontro tra Paolo VI e Atenagora ha inaugurato una nuova stagione nei rapporti tra Roma e Costantinopoli. E nell’orizzonte della celebrazione di un anniversario tanto importante per il dialogo tra Roma e Costantinopoli si colloca l’annuncio di Papa Francesco, fatto dopo la recita dell’Angelus, il 5 gennaio 2014, di voler compiere un «pellegrinaggio di preghiera» in Terra Santa dal 24 al 26 maggio.

Un evento che ci prepariamo a vivere e a gustare come tappa imprescindibile nel cammino verso l’unità della Chiesa.

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