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Armenia, ricordare il «Grande Male»

Giuseppe Caffulli
24 aprile 2014
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Armenia, ricordare il «Grande Male»
Yerevan. Il monumento del Memoriale del genocidio armeno (foto G. Caffulli) [galleria foto 1/5]

Ricorre oggi, 24 aprile, la Giornata che ricorda il genocidio armeno per mano turca. A Yerevan, la capitale della Repubblica d'Armenia, sulla spianata che conduce al Memoriale del genocidio si attardano gruppi di visitatori da tutto il mondo. Evocano la tragedia immane che a inizio Novecento costò la vita ad almeno un milione e mezzo di persone.


Dall’alto del Dzidzernagapert (la «Collina delle rondini», in lingua armena) lo sguardo abbraccia la conca di Yerevan. A nord-ovest la monumentale statua della Mayr Hayastan svetta tra il verde del Parco della Vittoria, dominato fino alla fine degli anni Sessanta dalla mole dell’effige di Stalin. A sud, spesso incappucciato da una pesante e lattigginosa coltre di nubi, si erge l’enorme sagoma del monte Ararat, che supera i 5 mila metri d’altezza, ammantato dalle nevi perenni.

Sulla spianata che conduce al Memoriale del Genocidio, costruito nel 1967 e dominato da un’appuntita stele alta 42 metri, si attardano gruppi di visitatori da tutto il mondo. Tra le pesanti lastre di basalto che si aprono a corolla, 12 come le provincie perdute dell’Armenia Occidentale, arde il fuoco della memoria, a perenne ricordo delle vittime del massacro perpetrato all’inizio del Novecento dall’esercito dei Giovani Turchi. Una tragedia immane, costata la vita ad almeno un milione e mezzo di armeni, periti spesso di stenti, malattia o sfinimento.

Il 24 aprile di ogni anno, alla Collina delle rondini, oltre agli armeni di Yerevan e delle province della Repubblica d’Armenia (che conta oggi 3 milioni d’abitanti in un territorio poco più grande della Sicilia), salgono in pellegrinaggio migliaia di sopravvissuti o di figli di sopravvissuti provenienti da ogni angolo del globo, dove un’ampia porzione di questo popolo antico e fiero si è dispersa dopo il Medz Yeghern, il «grande crimine». In questa ricorrenza (il 24 aprile 1915, 500 armeni vennero incarcerati e poi eliminati a Istanbul), la base circolare che cinge il braciere del Memoriale del Genicidio si ricopre di migliaia di fiori: garofani bianchi e rossi, rose, o anche semplici fiori di campo.

Gruppi di turisti, mentre il sole di mezzogiorno scalda il nero della pietra, si inoltrano nel Giardino dei giusti, dove ogni albero ricorda il sacrificio di chi si è saputo opporre alla follia del genocidio, denunciando i massacri o mettendo in pericolo la propria vita per salvare quella degli armeni. Poco lontano sorge il Muro della memoria, dove vengono tumulate le ceneri (o la terra tombale) di coloro che hanno lottato contro il Medz Yeghern.

La memoria di ciò che è stato, la conoscenza delle sue cause e la necessità che l’umanità sappia fare fronte comune contro l’aberrazione del male, è il filo conduttore del Museo del Genocidio, inaugurato nel 1995. Vi si raccolgono documenti e fotografie delle «marce della morte», mappe e testimonianze legate alla pagina più cupa della storia armena.

Il museo è stato scavato nel sottosuolo della Collina, quasi a consegnare alla terra il dolore che racchiude. Nella prima sala, la mappa dell’Anatolia e del Vicino Oriente dove erano presenti le comunità armene prima del genocidio. E poi fotografie di uomini, donne e bambini che potrebbero essere state scattate ad Auschwitz qualche decennio dopo, documenti di un orrore per molto tempo negato o taciuto.

Nella piccola libreria che si trova all’interno del museo, sono in bella vista, tradotti nelle varie lingue, testi sull’argomento. Ma, a fronte di un lavoro sempre più approfondito da parte degli storici, il riconoscimento del genocidio armeno resta per molti ancora tabù. In Turchia solo di recente – e tra enormi difficoltà e resistenze – si sta iniziando a toccare l’argomento. Nel settembre 2008 un gruppo di intellettuali turchi ha lanciato su Internet una petizione (La chiamata al perdono) che ha raccolto più di 30 mila firme, prima che il sito fosse bloccato dalle autorità di Ankara.

Ad oggi solo una ventina di Paesi ha riconosciuto ufficialmente il genocidio armeno, tra cui Francia, Italia e Russia. Dal 2010 giace nei cassetti della Casa Bianca una mozione del Congresso che chiede al presidente Usa il riconoscimento ufficiale del Medz Yeghern. Ma finora non se ne è fatto nulla.

Su questa triste pagina della storia del Novecento vogliamo offrire ai nostri lettori anche un estratto (in formato pdf) del libro Mosaico Turchia, di Chiara Zappa, edito in questi primi mesi del 2014 dalle Edizioni Terra Santa.

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