Al Sa’eh, l’antica biblioteca libanese scampata alle fiamme grazie ai suoi lettori
Verso le dieci di sera dello scorso 3 gennaio il telefono è squillato in molte case della città di Tripoli, in Libano. «Aiuto! Sta bruciando la biblioteca Al Sa’eh, accorrete!». E decine di persone, cristiani e musulmani, sunniti ed aleviti, giovani e vecchi, si sono precipitate per portare in salvo uno dei tesori della città.
La biblioteca Al Sa’eh è la seconda più grande biblioteca del Libano: fondata negli anni Settanta del secolo scorso da volontari del Movimento giovanile della Chiesa ortodossa, al momento dell’incendio contava 85 mila volumi, alcuni dei quali anche molto antichi. Il bibliotecario è padre Ibrahim Srouj, un prete greco ortodosso appassionato di studi islamici. Un uomo di pace, stimato da tutti. Tripoli, però, da molti mesi sta subendo il nefasto influsso della guerra siriana. In città la tensione tra i sunniti e la minoranza alevita si accresce settimana dopo settimana.
Una biblioteca viva è una minaccia al fondamentalismo. Così, proprio alcuni fondamentalisti hanno accusato la biblioteca di conservare «un testo che insulta l’Islam e il profeta Maometto». Il 2 gennaio due uomini armati avrebbero sparato contro un addetto della biblioteca. E la notte successiva le avrebbero dato fuoco. La notizia dell’incendio è volata tra i volontari e moltissimi si sono presentati per mettere in salvo i libri. Nei giorni successivi sono partite diverse raccolte fondi, con l’obiettivo di digitalizzare i volumi rimasti e comprarne di nuovi. Una risposta piena di dignità, di cristiani e musulmani, contro la violenza e l’odio settario.