In Siria da esperti di quaderni, matite e colori sono diventati esperti di missili, bombe e colpi di mortaio: una generazione intera di bambini porterà per sempre i segni della guerra ancora in atto. Secondo le Nazioni Unite, più di tre milioni di minori siriani sono lontani dalla scuola. In questo tragico contesto è nata la campagna Studiare è mio diritto.
Da esperti di quaderni, matite e colori si sono trasformati in esperti di missili, bombe e colpi di mortaio: una generazione intera di bambini che porterà per sempre i segni della guerra ancora in atto in Siria.
I danni sono enormi, con effetti devastanti sulla loro crescita e sulla loro salute psicologica e mentale. Secondo le Nazioni Unite, più di tre milioni di bambini siriani sono lontani dalla scuola: una vera emergenza che non può attendere soluzioni con tempi lunghi e ostacoli burocratici, considerando che il governo siriano, ancora oggi unico punto di riferimento delle famiglie siriane, è sotto embargo totale ed oggetto di pesanti sanzioni. Questo quadro tragico ha spinto le autorità e le associazioni della società civile a lanciare – anche con una campagna di spot televisivi (clicca qui per visualizzarne un esempio) – la campagna Studiare è mio diritto.
Il futuro del Paese è in ogni bambino. Partita due anni fa, la campagna nazionale è un’iniziativa del Consiglio nazionale per lo sviluppo, sostenuta dal ministro dell’Istruzione insieme ad associazioni e organizzazioni siriane no profit. L’iniziativa coinvolge tantissimi giovani volontari e volontarie, che lavorano con le famiglie su vari fronti: aiuto concreto, soprattutto agli sfollati, e supporto ai bambini che riprendono lo studio per tornare a scuola, con corsi di recupero a quelli che hanno perso lezioni e parti di programma, offrendo sostegno e assistenza psicologica ai genitori in difficoltà. È essenziale rafforzare la volontà dei bambini nell’affrontare la realtà e superare il trauma, dopo aver lasciato le proprie classi e non avere più rivisto i compagni perché hanno abbandonato la città o perché sono semplicemente scomparsi.
La scuola in Siria è stata da sempre efficiente, obbligatoria e gratuita, con una presenza dei bambini pari al 97 per cento, permettendo a tutti di avere pari opportunità. Oggi la perdita di beni, abitazioni e lavoro – unita alla svalutazione monetaria e al caro vita – ha messo in ginocchio tante famiglie. Ecco perché un piccolo gesto può essere di grande aiuto: una matita, uno zaino, dei colori, possono incoraggiare i bambini e donare di nuovo il sorriso.
In questa guerra assurda alcune scuole sono state perfino prese di mira dai terroristi, sopratutto nelle zone cristiane, per costringere le famiglie ad abbandonare le città. Ma le famiglie preferiscono in ogni caso mandare i propri figli a scuola, e non si fidano di lasciarli a giocare in strada, né li vogliono tenere imprigionati dentro le case.
La scuola per tanti bambini siriani è ormai anche casa: molti istituti sono stati trasformati in dormitori e centri di accoglienza per gli sfollati. Tuttavia la maggior parte degli edifici scolastici in tutto il Paese ha subito danni strutturali enormi, mentre molti altri sono occupati dai ribelli che li hanno trasformati in basi operative. Ci vorranno anni e denaro per recuperarli.
Prima ancora di occuparsi degli edifici, però, bisogna ricostruire le persone: per questo la campagna continua fino a raggiungere gli obbiettivi fissati, perché lo studio è un diritto sacrosanto di tutti i bambini, nel tentativo di riconquistare la normalità della vita quotidiana, malgrado i pericoli e le difficoltà. In un Paese martoriato dalla guerra bisogna ripartire da zero. Ed è da qui che parte la campagna Studiare è un mio diritto, avendo chiaro che l’istruzione e l’educazione sono l’unico modo per ricostruire il futuro.