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Il decennio turco di monsignor Roncalli

Giampiero Sandionigi
10 marzo 2014
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Il decennio turco di monsignor Roncalli

Il 27 aprile 2014 Papa Francesco proclama santi i due suoi predecessori Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII. Quando fu eletto, nel 1958, quest'ultimo venne chiamato da qualcuno «il Papa turco», per via del buon ricordo lasciato dietro di sé nei dieci anni (1935-1944) trascorsi a Istanbul come delegato apostolico. A quel capitolo della biografia di Angelo Giuseppe Roncalli è dedicato questo libro di Mariagrazia Zambon.


Dopo dieci anni trascorsi come rappresentante pontificio in Bulgaria, agli inizi del 1935 il 54enne mons. Angelo Giuseppe Roncalli (futuro Giovanni XXIII) viene trasferito in Turchia come delegato apostolico, per esplicito volere di papa Pio XI.

L’ecclesiastico bergamasco non ha alle spalle il classico curriculum formativo che forgia i diplomatici della Santa Sede. L’esperienza di «ambasciatore del Papa» se l’è fatta sul campo, con uno stile dialogante e mite, teso a smussare gli angoli e a tenera aperta ogni possibilità di dialogo con i suoi interlocutori, istituzionali e non.

Per queste sue caratteristiche papa Ratti – lombardo come lui – ha deciso di trasferirlo nella giovane Repubblica turca, che sulle ceneri dell’Impero Ottomano sta edificando uno Stato laico, se non laicista. Ad Istanbul Roncalli resterà sino alla fine del 1944, quando sarà chiamato alla nunziatura di Parigi, dove nel 1953 riceverà la berretta cardinalizia, alla vigilia della nomina a patriarca di Venezia.

Al periodo turco della biografia di Roncalli è dedicato questo libro di Mariagrazia Zambon, pure lei lombarda e da oltre un decennio in Turchia per ragioni di vocazione e d’apostolato, inevitabilmente discreto e prudente.

Forte di questa esperienza che l’avvicina in qualche modo alla vicenda roncalliana, la Zambon – pur senza volersi atteggiare a storico di professione – sceglie di far parlare il più possibile lo stesso protagonista del libro. Nelle cui pagine troviamo abbondanti citazioni di lettere, omelie, discorsi, brani di diario del delegato apostolico.

In Turchia Roncalli è stato sì rappresentante pontificio – benché in un’epoca in cui il governo turco e la Santa Sede non intrattenevano formali relazioni diplomatiche – ma ancor più pastore e guida, di una comunità numericamente ridotta ma sparsa su un ampio territorio (i cattolici dei vari riti erano 30 mila al suo arrivo nel ’35 e diminuirono via via, col passare degli anni). Per queste poche migliaia di fedeli mons. Roncalli amministra i sacramenti, predica, ammaestra. E, come ogni buon vescovo, si compiace della frequenza religiosa, anche tra gli uomini.

L’incarico affidatogli non è semplice, non solo sul versante dei rapporti con le istituzioni politiche, ma anche sul crinale pastorale e intraecclesiale. Basti un esempio. Tra le prime decisioni del nuovo delegato apostolico c’è l’introduzione di alcune innovazioni liturgiche: la proclamazione del Vangelo e il canto di un inno in lingua turca. L’idea è di far percepire la Chiesa cattolica non come un corpo estraneo in seno alla società turca, ma l’iniziativa di Roncalli non piace a tutti. Scettici sono soprattutto i cattolici europei (francesi e italiani in gran parte) residenti in Turchia, che si considerano i primi fruitori delle celebrazioni liturgiche e delle cure pastorali del clero.

Un pugno di pagine alla fine del libro fa compiere al lettore un salto fino al presente, per uno sguardo rapidissimo alla situazione della comunità cristiana nella Turchia dei nostri giorni, composta da 120 mila persone, pari allo 0,15 per cento della popolazione. Un gruppo sparuto – la cui fisionomia va mutando anche a causa dell’immigrazione da altre terre d’Asia –, ma che non dimentica il suo debito verso i gesti pazienti, benevoli e costruttivi del Roncalli diplomatico e pastore.


Mariagrazia Zambon
Vescovo e pastore
Angelo Giuseppe Roncalli
delegato apostolico in Turchia
ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2013
pp. 183 – 18,50 euro

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