Dal 2011 a oggi sono state almeno 550 le ragazze cristiane rapite in Egitto da musulmani che le hanno costrette alla conversione e al matrimonio. La notizia è stata diffusa da Aiuto alla Chiesa che soffre, che ha rilanciato la denuncia di un'associazione egiziana per le vittime di rapimenti e sparizioni forzate.
(Milano/c.g.) – Dal 2011 ad oggi sono state almeno 550 le ragazze cristiane rapite in Egitto da uomini musulmani e costrette alla conversione e al matrimonio, spesso dopo aver subito violenza, dai loro rapitori. La notizia è stata diffusa nei giorni scorsi da Aiuto alla Chiesa che soffre, fondazione di diritto pontificio che ha rilanciato una denuncia dell’Associazione per le vittime di rapimenti e sparizioni forzate (l’egiziana Avaed).
In Egitto i rapimenti di giovani copte non rappresentano affatto una novità: già durante la presidenza di Anwar el-Sadat (1970-1981) si registrarono diversi episodi. Tuttavia dopo la caduta di Hosni Mubarak, a inizio 2011, il numero di casi è aumentato in modo esponenziale. «Prima della rivoluzione sparivano quattro o cinque ragazze al mese – spiega Ebram Louis, fondatore dell’Associazione -, oggi la media è di quindici».
Secondo l’Avaed, nel 40 per cento dei casi le giovani – di età compresa tra i 14 e i 40 anni – vengono rapite, violentate e in seguito costrette a sposare il proprio carnefice dopo essersi convertite all’Islam. Altre vittime vengono invece plagiate da giovani musulmani che prima si guadagnano la loro fiducia, quindi le obbligano a convertirsi e a contrarre matrimonio islamico. In preparazione alle nozze, gli aguzzini cancellano con l’acido la croce tatuata sul loro polso: simbolo di una fede cristiana portata con orgoglio da molti esponenti della minoranza copta.
L’elevato numero di ragazze scomparse e il ripetersi di un identico modus operandi hanno convinto avvocati, attivisti e sacerdoti – da tempo impegnati a combattere una piaga tanto atroce – che dietro ai sequestri vi sia una organizzazione capillare; secondo alcuni, vere e proprie cellule islamiche dedite esclusivamente ai rapimenti di donne copte.
Aiuto alla Chiesa che soffre racconta la storia emblematica della piccola Nadia Makram, rapita nel 2011 a soli 14 anni. I genitori di Nadia conoscevano il nome del suo rapitore – Ahmed Hammad, un musulmano di 48 anni – e si sono rivolti immediatamente alla polizia. L’uomo non è stato arrestato. Stando ai numerosi episodi documentati dall’Avaed, spesso la polizia si rifiuta di cercare le ragazze sostenendo che queste abbiano abbandonato spontaneamente la casa paterna. Se poi le giovani vengono ritrovate e convocate alla stazione di polizia, quasi sempre sono accompagnate dai nuovi «parenti» musulmani, perfino in occasione del colloquio che dovrebbe servire ad appurare l’avvenuto sequestro. Comprensibilmente in molte confermano d’aver lasciato la famiglia d’origine senza alcuna costrizione.
La vicenda di Nadia, e di altre bambine rapite e costrette alle nozze, è ancor più grave. Perché la legge egiziana vieta il matrimonio e la conversione delle minorenni, anche se queste si dichiarano consenzienti. Eppure nel 2012, quando la ragazza appena quindicenne aveva già dato alla luce il suo primo figlio, il caso è stato archiviato e il marito prosciolto. All’uomo è stato sufficiente mostrare un certificato di matrimonio che attestava la «regolare» unione con la sua minorenne consorte.