Va crescendo la violenza nei confronti dei giornalisti da parte dell’apparato governativo egiziano. L’Osservatorio dei giornalisti contro la tortura - organizzazione indipendente che in Egitto si occupa di libertà d’espressione - ha pubblicato un rapporto secondo il quale le forze di sicurezza egiziane si stanno accanendo contro la stampa.
(Milano/c.g.) – Va crescendo la violenza nei confronti dei giornalisti da parte dell’apparato governativo egiziano. L’Osservatorio dei giornalisti contro la tortura – organizzazione indipendente che in Egitto si occupa di libertà d’espressione – ha pubblicato un rapporto che ha avuto larga eco sulla stampa locale: secondo il documento, le forze di sicurezza egiziane si stanno accanendo contro la stampa, anche con azioni violente.
L’Osservatorio, in particolare, ha individuato 96 casi di violazioni, avvenute tutte nel mese di gennaio, imputabili agli uomini del ministero dell’Interno. In 31 dei 96 casi segnalati, i giornalisti sono stati vittime di pestaggi, furti, danneggiamenti; in tre casi, sono stati bersaglio di colpi d’armi da fuoco; in 33 casi sono stati arrestati. Alcuni giornalisti di Al Jazeera sono ancora in prigione, avendo pubblicato – secondo la versione delle forze di sicurezza – notizie false. Secondo Ashraf Abbas, il coordinatore dell’Osservatorio, l’accusa di «terrorismo» sarebbe stata usata poi come strumento per intimidire i giornalisti e impedire loro di fare il proprio dovere.
La denuncia dell’Osservatorio dei giornalisti contro la tortura conferma la pessima situazione della libertà di stampa in Egitto. Già lo scorso dicembre il Comitato per la protezione dei giornalisti, ong internazionale indipendente che si batte per la libertà di stampa, aveva affermato che nel 2013, nella classifica dei Paesi con più giornalisti morti ammazzati, l’Egitto si trovava al terzo posto, dopo Siria e Iraq.
Neanche a farlo apposta, proprio sabato scorso – in corrispondenza della diffusione del rapporto – le forze di sicurezza egiziane hanno eseguito un raid nelle redazioni di due organi d’informazione, Hasry e Yqeen, ostili al governo e vicini alle posizioni dei Fratelli musulmani. Secondo il dipartimento investigativo generale del Cairo, essi avrebbero diffuso «notizie false» con il proposito di seminare violenza contro le Forze armate. Sono state arrestate 13 persone (rilasciate oggi, lunedì), sequestrati computer, memorie esterne, apparati di registrazione, microfoni.
La nuova Costituzione, approvata lo scorso dicembre, garantisce la libertà di stampa in Egitto. D’altra parte assicura anche alle Forze armate un potere che molti considerano eccessivo. Ad esempio, l’articolo 204 della nuova Costituzione, vieta i processi di tribunali militari nei confronti di civili «eccetto il caso di attacchi diretti all’istituzione delle Forze armate o alle aree di confine, o a istituzioni, armi, veicoli, munizioni, documenti, segreti, fondi pubblici e fabbriche riconducibili ai militari». Una definizione così omnicomprensiva da racchiudere tra le azioni ostili alle Forze armate anche l’attività giornalistica. Concedendo all’esercito il diritto di agire contro la stampa.
Buone notizie invece per il cameraman di Al Jazeera, Mohammed Badr, arrestato lo scorso 15 luglio, mentre stava lavorando durante una manifestazione organizzata dalla Fratellanza Musulmana, per protestare contro la deposizione del presidente Mohamed Morsi. Quel giorno, in seguito agli scontri con la polizia, 7 persone furono uccise e 261 rimasero ferite. Badr è stato finalmente assolto da un tribunale del Cairo. L’assoluzione del cameraman, tuttavia, arriva alcuni giorni dopo l’inizio del processo contro altri 20 membri dello staff di Al Jazeera, arrestati secondo il quotidiano Ahram con l’accusa di aiutare gruppi terroristici e mettere così in pericolo la sicurezza nazionale. Amnesty International ha condannato questo processo come il maggior ostacolo alla libertà di stampa in Egitto. Gli uffici di Al Jazeera al Cairo vennero chiusi dalle forze di sicurezza egiziane il 3 luglio scorso, in corrispondenza con la deposizione di Morsi.
D’altra parte il Cairo Post, quotidiano egiziano in lingua inglese, racconta che non solo il governo ma anche i manifestanti non amano i giornalisti: il quotidiano racconta la vicenda di Islam Abu Khatwa, giornalista sorpreso da alcuni Fratelli Musulmani a coprire la notizia di una manifestazione e per questo segregato e picchiato per un’ora.