Digiuna e conosci te stesso
Il tempo forte della Quaresima che la Chiesa invita a vivere con attenzione e impegno è un’ottima occasione che ogni cristiano ha annualmente per fermarsi, riflettere, fare il punto della situazione e interrogarsi sulla propria fede. Una delle caratteristiche che contraddistingue questo momento del calendario liturgico è la pratica del digiuno, parola ed esperienza che al cristiano d’oggi fa storcere un po’ il naso e, un po’ per ignoranza, un po’ per pregiudizio, rischia di essere mal interpretata e per questo non vissuta bene.
Ad essere sincero, quando ero più giovane non ho mai capito completamente il significato dell’astenersi dalla carne il giorno di venerdì e così il fatto di privarsi di uno o più pasti nei giorni di precetto dal digiuno che la Chiesa richiede per il mercoledì delle ceneri e il venerdì santo; ma da quando vivo in Terra Santa tutto è divenuto più chiaro, ecco perché vorrei condividere con i lettori qualche intuizione e spiegazione sul digiuno.
Innanzitutto un po’ di storia e cultura: nell’Antico Testamento si parla spesso di digiuno; i profeti esortavano il popolo eletto al digiuno. Possiamo rinvenire due situazioni particolari in cui veniva richiesto; innanzitutto nelle situazioni difficili, se incombeva una catastrofe per rimanerne illesi o per sfuggirle. L’altra situazione era in caso di schiavitù, in cui dicevano: «Pregate, digiunate, e il Padre vi libererà dalla servitù». Nel Nuovo Testamento Gesù ne ha parlato e lo ha proposto come rimedio per scacciare alcuni demoni particolarmente potenti, lo ha richiesto ed egli stesso ha digiunato; anche gli apostoli hanno digiunato. La tradizione ebraica richiedeva il digiuno due volte la settimana, il lunedì e il giovedì. Troviamo una testimonianza di questa pratica degli Israeliti nel racconto della preghiera del fariseo e del pubblicano al tempio, quando il fariseo dice: «Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo» (Lc 18,12). In seguito nella Chiesa si continuò a digiunare sempre due volte la settimana, in Medio Oriente questa pratica sopravvive ancora oggi, ma cambiando i giorni, adottando il mercoledì e il venerdì, perché? A tutti è chiaro il motivo per cui si deve digiunare di venerdì, in questo giorno della settimana i cristiani ricordano, in maniera particolare, la passione e la morte di Gesù, ma perché digiuniamo il mercoledì? Secondo la tradizione ecclesiastica, il mercoledì della settimana santa, Giuda andò dai farisei per pattuire con loro quando e per quanti soldi avrebbe tradito Gesù, così venne adottato quest’altro giorno di riflessione e penitenza, per devozione all’amore tradito verso Cristo. Anche la Chiesa ortodossa ha mantenuto la tradizione del digiuno bisettimanale, per gli stessi motivi e negli stessi giorni, ma durante l’anno i periodi di digiuno sono più abbondanti e le norme previste molto più rigide delle nostre: il digiuno consiste nel non mangiare al mattino e dopo l’ora sesta (mezzogiorno) e astenendosi da ogni cibo di derivazione animale (carne, pesce compreso, uova latte e latticini) nonché dal vino e dalle altre bevande alcoliche e dall’olio d’oliva. Se durante il periodo di penitenza cade una grande festa del Signore il digiuno è soppresso, se cade una grande festa della Madre di Dio o di Santi particolarmente festeggiati è consentita la consumazione di olio, vino e pesce, e se capita la festa di un Santo particolarmente festeggiato ma di livello liturgico inferiore sono concessi l’olio e il vino.
La serietà con cui i fedeli e religiosi ortodossi praticano il digiuno, così come l’esempio di alcuni confratelli in convento, mi ha fatto riflettere molto sul significato del privarsi del cibo in particolari periodi dell’anno. Quando proviamo ad astenerci dalla carne, o dai dolci, o da qualche cibo a cui siamo abituati e di cui siamo golosi, sperimentiamo con forza quanto ad essi siamo legati, sono certo che tutti ne abbiamo fatto esperienza. Comprendiamo che una fetta di dolce o un piatto gustoso diventano potenti nei nostri confronti e il resistere è un impegno grande che coinvolge la nostra volontà e pazienza. Il digiuno volontario ci offre la possibilità di capire meglio che siamo uomini liberi, che per un valore più alto sanno e possono rinunciare ad un bene minore. Digiunare per obbligo non ha senso e non aiuta, ma quanto è prezioso il digiuno applicato ad un’intenzione particolare di preghiera o penitenza; per ottenere una grazia per altri, intercedere per una situazione dolorosa o complicata che stanno vivendo amici o parenti, o ancora per chiedere perdono. Ogni volta che digiuniamo (non solo dal cibo) abbiamo l’occasione di pensare che non viviamo di solo pane, la fame ci deve aiutare a riflettere sulla fame vera che deve essere quella per Dio, per la sua parola, per la sua presenza saziante nella nostra vita.