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Si sono aperte all’Aia le udienze del Tribunale speciale per il Libano

Carlo Giorgi
17 gennaio 2014
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Si sono aperte all’Aia le udienze del Tribunale speciale per il Libano
La prima udienza del Tribunale speciale per il Libano all'Aia. In primo piano: un plastico ricostruisce il luogo dell'attentato ad Hariri. (foto Reuters/Toussaint Kluiters/United Photos)

Ieri mattina all’Aia, in Olanda, si è svolta la prima udienza di un processo storico: quello celebrato da un Tribunale speciale voluto dall’Onu contro gli assassini dell’ex primo ministro libanese Rafik Hariri, politico e miliardario sunnita ucciso a Beirut nove anni fa. In concomitanza con l'evento una nuova autobomba è esplosa in Libano.


(Milano) – L’attentato che ha insanguinato ieri il Libano ha un sapore più amaro del solito. Ieri mattina, verso le nove, un terrorista alla guida di un’autovettura si è fatto esplodere nel centro della città di Hermel, nella valle della Bekaa, in Libano, uccidendo – oltre a sé stesso – altre quattro persone e ferendone almeno 40. L’ordigno è esploso proprio il giorno e l’ora – e potrebbe non essere un caso – in cui all’Aia, in Olanda, si è aperta la prima udienza di un processo storico: quello celebrato da un Tribunale speciale voluto dall’Onu contro gli assassini dell’ex primo ministro libanese Rafik Hariri, politico e miliardario sunnita ucciso a Beirut nove anni fa.

Hermel, che si trova al confine con la Siria, vanta una forte presenza il partito sciita Hezbollah, alleato del presidente siriano Bashar al-Assad. La bomba di questa mattina sembrerebbe quindi un messaggio contro Hezbollah e il suo sostegno militare ad Assad, da parte dello schieramento sunnita libanese contrario all’ingerenza siriana in Libano.

Proprio Hezbollah, d’altra parte, si è sempre fieramente opposto al processo iniziato ieri all’Aia, in Olanda. Infatti, il processo è indetto contro cinque cittadini libanesi, tutti appartenenti al movimento sciita (e tutti ancora a piede libero), accusati di aver organizzato e portato a termine l’attentato contro Hariri.

Il 14 febbraio del 2005 sul lungomare di Beirut l’ex-primo ministro libanese, che transitava a bordo di un’auto blindata, venne investito dall’esplosione generata da un gigantesco ordigno (un fugone carico di 2 tonnellate e mezzo di esplosivo, che causò un cratere grande come un campo da basket). Fu una strage vera e propria: 22 morti e 226 feriti. La manifestazione organizzata a Beirut pochi giorni dopo, per protestare contro l’assassinio, ebbe dimensioni oceaniche: vi prese parte un milione di persone, un quarto della popolazione libanese. Nel corso di tutta la sua carriera politica Hariri si era battuto contro la presenza militare che la Siria aveva mantenuto in Libano anche dopo la fine della guerra civile (1975-1990). L’opinione pubblica mondiale puntò così il dito contro il governo siriano; la pressione internazionale crebbe al punto che, nel giro di poche settimane, il governo di Bashar al-Assad decise di ritirare le sue truppe del Libano.

Non solo: di lì a qualche tempo il governo libanese chiese alle Nazioni Unite la creazione di un Tribunale speciale che giudicasse i colpevoli della strage e di altri attentati eventualmente correlati a quello di Hariri, avvenuti tra il primo ottobre 2004 e il 12 dicembre2005. Il tribunale prese forma nel 2009 con sede all’Aia, benché il parlamento di Beirut non abbia ratificato la precedente richiesta governativa di istituire la Corte. Nonostante il desiderio di verità e giustizia da cui nasce il Tribunale speciale, la sua attività sembra infatti aver aumentato tensioni e divisioni nel Paese. Ne è un esempio la crisi di governo di due anni fa: dal 2009 al 2011 in Libano governava un esecutivo di unità nazionale – presieduto da Saad Hariri, figlio di Rafik – che comprendeva sciiti e sunniti. Hezbollah decise di farlo cadere nel 2011, proprio dopo che Saad Hariri confermò il finanziamento libanese al tribunale dell’Aia (i cui costi vengono finanziati al 49 per cento dal Libano); un contributo che Hezbollah non può ammettere.

Poco dopo la caduta del suo governo, Hariri scelse addirittura la via dell’esilio (vive oggi tra Francia e Arabia Saudita). «Abbiamo aspettato da molto tempo questo giorno. Qualcosa di nuovo per il Libano – ha dichiarato ieri Saad Hariri -. Per 40 anni non c’è stata in Libano né giustizia né verità per nessun assassinio». Hezbollah, dal canto suo, non ha collaborato mai alla cattura degli imputati. «La mano che li tocca – avrebbe detto Sayyed Hassan Nasrallah, leader del movimento sciita – verrà tagliata».

Il Tribunale speciale per il Libano applicherà le norme dell’ordinamento libanese. Secondo le previsioni, la fase dibattimentale dovrebbe durare 13 mesi.

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