Da ieri il popolo egiziano ha una nuova costituzione. La Carta fondamentale ha incassato oltre il 97 per cento dei consensi, ma solo il 38,4 per cento degli aventi diritto al voto si è recato ai seggi. È la terza Costituzione che gli egiziani cambiano nell'arco di poco più di un anno.
(Milano/c.g.) – Da ieri il popolo egiziano ha una nuova costituzione: il 38,4 per cento dei cittadini aventi diritto al voto, infatti, ha partecipato al referendum indetto il 14 e 15 gennaio. Lo scopo della consultazione era confermare o respingere la bozza di costituzione scritta dall’Assemblea Costituente tra luglio e novembre, dopo il defenestra mento, alcuni mesi fa, dell’ex-presidente Mohammed Morsi. L’esito delle urne è stato inequivocabile: i «sì» hanno stravinto, con il 97 per cento sul totale dei votanti.
Si tratta della terza Costituzione che gli egiziani cambiano in poco più di un anno: essendo passati dalla Costituzione di Hosni Mubarak (abrogata nel dicembre 2012), a quella approvata dalla precedente Assemblea costituente dominata dai Fratelli musulmani (in vigore dal dicembre 2012 al luglio 2013, quando è stata sospesa), per giungere all’attuale, approvata ieri.
Il nuovo testo ha i suoi maggiori sostenitori nei partiti laici e moderati egiziani; in generale, in tutte le forze sociali, Chiesa copta compresa, che vedevano con preoccupazione l’operato dei Fratelli Musulmani (al potere in Egitto dal 30 giugno 2012 al 3 luglio 2013), incapaci di governare dando spazio e rappresentanza alle forze d’opposizione e alle minoranze. Per questo la nuova Costituzione si caratterizza per le garanzie e i diritti concessi alle minoranze religiose, cristiani compresi.
Nonostante gli elettori andati a votare siano stati meno del 40 per cento degli aventi diritto, i sostenitori della nuova Costituzione hanno di che essere soddisfatti: infatti, il testo è stato approvato da una percentuale maggiore di votanti rispetto alla Costituzione «dei Fratelli musulmani», quella del 2012: questa volta si sono recati alle urne 20,3 milioni di elettori; contro i 16,2 milioni (32,9 per cento) del 2012. Tra i votanti, anche i favorevoli al testo sono aumentati: questa volta i «sì» hanno di gran lunga superato il 63,8 per cento del 2012. Traducendo le percentuali in numeri, l’attuale costituzione ha letteralmente raddoppiato il patrimonio dei consensi, raccogliendo 19,5 milioni di «sì» contro i 10,3 milioni ottenuti dalla costituzione del 2012.
Da registrare anche un altro aspetto positivo: l’aumento dei votanti è generalizzato su tutto il territorio nazionale; l’affluenza è aumentata infatti in 17 dei 27 governatorati. Mentre nel 2012 in nessun governatorato egiziano si superò il 38 per cento di votanti, questa volta in quattro governatorati si è superato il 50 per cento, e in undici il 40. Nella capitale i votanti sono saliti dal 33,5 al 42,3 per cento.
Un successo che pare ancora più importante se si considera che il referendum era stato boicottato da diversi partiti adducendo varie motivazioni: i Fratelli Musulmani in particolare avevano invitato i propri simpatizzanti a non recarsi alle urne, per protestare contro la deposizione dell’ex-presidente Mohammed Morsi e per la violenta repressione che il nuovo governo ha attuato nei loro confronti. Anche alcuni partiti liberali, come Misr Al-Qawia (il Forte Egitto), avevano invocato il boicottaggio, in segno di protesta contro le violenze e gli arresti arbitrari avvenuti in Egitto dallo scorso 3 luglio, data della caduta di Morsi, ma pure contro le concessioni, considerate eccessive, che il nuovo testo fa nei confronti dell’esercito.
In questo scenario è indubbio che i cittadini cristiani, grandi sostenitori del «sì», abbiano avuto un ruolo fondamentale per il successo della consultazione. Un esempio è quanto è successo nei governatorati di Assiut e Minya, territori famosi per la presenza di movimenti fondamentalisti islamici. Qui il totale degli aventi diritto al voto supera di poco i 5 milioni. Secondo un reportage del quotidiano libanese Ya Libnan, 2 di questi 5 milioni di elettori sono di fede cristiana. Considerando che, nei due governatorati, i partecipanti al referendum sono stati 1,6 (il 25 per cento del totale), appare evidente che senza la partecipazione degli elettori cristiani il referendum sarebbe fallito.
Il referendum non si è svolto senza conseguenze: 160 mila soldati e 200 mila poliziotti erano stati schierati in tutto il Paese per garantire uno svolgimento corretto delle elezioni. La prima mattina delle elezioni il tribunale del Cairo è stato colpito da un’esplosione che fortunatamente non ha causato vittime. Secondo il ministero della Salute egiziano, però, al termine delle consultazioni si sono contati 10 morti e 29 feriti. Diversi di questi morti sono caduti durante scontri, avvenuti al Cairo e in diverse altre città, tra le forze di sicurezza e i manifestanti favorevoli all’ex-presidente Morsi. I quali hanno comunque annunciato che continueranno a manifestare fino al 25 gennaio, terzo anniversario dello scoppio della rivoluzione egiziana.