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Una nuova Costituzione per l’Egitto

Carlo Giorgi
3 dicembre 2013
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Una nuova Costituzione per l’Egitto
Un'istantanea d'archivio sui lavori dell'Assemblea costituente dei 50, al Cairo.

Il presidente ad interim della Repubblica Egiziana, Adly Mansour, ha ricevuto nelle sue mani, questa mattina, ufficialmente, la nuova costituzione del Paese. Un testo composto da 247 articoli, frutto di quasi cinque mesi di lavoro dei 50 membri dell’Assemblea costituente nominata in giugno. Gli elettori si pronunceranno con referendum.


(Milano) – Il presidente ad interim della Repubblica Egiziana, Adly Mansour, ha ricevuto nelle sue mani, questa mattina, ufficialmente, la nuova costituzione del Paese. Un testo composto da 247 articoli, frutto di quasi cinque mesi di lavoro dei 50 membri dell’Assemblea costituente nominata dopo l’arresto, lo scorso 30 giugno, del deposto presidente Mohamed Morsi.

Mansour dovrà adesso sottoporre la Costituzione ad un referendum popolare (forse nella seconda metà di gennaio) che la approvi o la respinga. In caso di approvazione, spetterà allo stesso capo dello Stato provvisorio indire in primavera nuove elezioni, per scegliere un nuovo parlamento e un nuovo presidente della repubblica.

La storia della «nuova costituzione egiziana» è tanto breve quanto tormentata: in meno di due anni (da quando, nel febbraio 2011, fu defenestrato il presidente Hosni Mubarak) sono state tre le Assemblee costituenti che si sono susseguite in Egitto. La prima (gennaio – aprile 2012) si scioglie dopo le dimissioni in massa dei rappresentanti cristiani e laici scontenti della predominanza della componente «islamista» nell’assemblea; la seconda (giugno-novembre 2012), nonostante i membri cristiani e laici ripetano per lo stesso motivo le dimissioni di massa, porta a una bozza di costituzione che viene sottoposta a referendum popolare (dicembre 2012). Il referendum approva la Carta con il 63 per cento del consenso dei votanti (che però sono solo il 33 per cento degli elettori aventi diritto al voto). E la costituzione entra in vigore, rimanendo valida per sei mesi (giugno 2013), fino alla deposizione di Morsi, all’ascesa del nuovo «uomo forte», il generale Abd al-Fattah Khalil al-Sisi e alla messa al bando della Fratellanza musulmana.

La terza Assemblea costituente è figlia di questi eventi: a differenza delle precedenti è dominata da rappresentanti laici, avendo solo due islamisti al suo interno (un salafita e un ex esponente dei Fratelli Musulmani oggi in rotta di collisione con il partito di provenienza); e nasce con il favore delle Chiese cristiane in Egitto.

In effetti, il nuovo testo della carta costituzionale, uscito da questi cinque mesi di lavori, sembra soddisfare la minoranza cristiana del Paese. Il vescovo Paula, rappresentante della Chiesa copta ortodossa nell’Assemblea, ha affermato che «rappresenta tutti gli egiziani, a qualsiasi gruppo politico o religioso appartengano».

Alcuni osservatori laici, tuttavia, fanno notare anche i limiti del nuovo testo di Costituzione. Emad Mubarak direttore dell’Associazione per la libertà di pensiero e di espressione, intervistato dal quotidiano Daily Egypt, avanza concrete perplessità rispetto ad alcuni articoli: il 92, ad esempio, proibisce qualsiasi legge che limiti «l’essenza dei diritti e della libertà dei cittadini». Mubarak, osserva come sia difficile che questo articolo, così teorico, venga poi sviluppato nel concreto. Aggiungendo che la Corte Costituzionale egiziana solitamente impiega anni per stabilire se una legge sia o no incostituzionale.

Mohamed Zare’, capo dell’Organizzazione araba per la riforma penale, punta invece il dito contro l’articolo 52, che recita: «La tortura, in ogni sua forma, non può essere legalizzata». Secondo Zare’ questa formulazione non sarebbe sufficiente; l’articolo avrebbe dovuto parlare più precisamente di tortura come «crimine contro l’onore»; condizione necessaria per costringere un ufficiale di polizia colpevole di torture a non vestire più la divisa.

In generale, sembra che la nuova bozza di costituzione conceda un potere eccessivo alle forze armate: l’articolo 204, ad esempio, vieta i processi militari per i civili «eccetto il caso di attacchi diretti all’istituzione delle forze armate o alle aree di confine, o a istituzioni, armi, veicoli, munizioni, documenti, segreti, fondi pubblici e fabbriche riconducibili ai militari». Di fatto in tal modo si consente di far giudicare i civili da tribunali militari in un’ampia gamma di casi.

La Carta incarica inoltre lo stato maggiore dell’esercito di approvare direttamente la nomina del ministro della Difesa. «Questi articoli danno ai militari il potere assoluto sul governo eletto», ha dichiarato Ahmed Ezzat, direttore della sede del Cairo dell’Associazione Libertà di pensiero ed espressione.

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