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La battaglia di via Mohamed Mahmoud: un anniversario conteso

di Elisa Ferrero
18 novembre 2013
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Nella piccola rotonda erbosa al cuore di piazza Tahrir, al Cairo, sta sorgendo un monumento alla memoria dei martiri della battaglia di via Mohamed Mahmoud, il cui secondo anniversario cadrà il 19 novembre. Per i tanti giovani che il 19 novembre 2011 manifestavano contro il governo militare del feldmaresciallo Mohamed Tantawi, si tratta dell’ennesimo tentativo di appropriazione della memoria della rivoluzione da parte dell’establishment politico-militare.


Che cosa staranno mai costruendo adesso? Questa è la domanda che si sono fatti molti cittadini del Cairo nei due giorni passati, osservando i lavori in corso nella piccola rotonda erbosa, situata al cuore della celebre piazza Tahrir. I giornali hanno scritto che sarà edificato un monumento alla memoria dei martiri della battaglia di via Mohamed Mahmoud, il cui secondo anniversario cadrà il 19 novembre. Ma che aspetto avrà questo monumento? Sarà un’opera di gusto indecente come nel caso del nuovo monumento in piazza Rabaa al-Adawiya, eretto per celebrare lo sgombero del sit-in dei sostenitori dell’ex presidente Morsi, che ha causato centinaia e centinaia di vittime, e raffigurante una poderosa stretta di mano fra esercito e polizia?

Sicuramente, per i tanti giovani che il 19 novembre 2011 erano in piazza Tahrir a manifestare contro il governo militare del feldmaresciallo Mohamed Tantawi, questo monumento rappresenta l’ennesimo tentativo di appropriazione della memoria della rivoluzione da parte dell’establishment politico-militare. Il 18 novembre 2011, in piazza Tahrir, si tenne una milioniya (manifestazione di milioni di persone) contro il Consiglio supremo delle forze armate, che allora tentennava nell’indire le elezioni parlamentari. Fu proprio quel nuovo sussulto rivoluzionario, al quale parteciparono movimenti di sinistra, islamisti (la gioventù, non la leadership), liberali, così come liberi cittadini di tutti i tipi e di tutte le età, a spingere i militari a fissare finalmente la data delle elezioni. Alla fine della giornata di manifestazioni, tuttavia, la maggioranza dei dimostranti tornò a casa, lasciando in piazza solo un piccolo sit-in di circa cinquecento persone, per lo più familiari dei martiri della rivoluzione che ancora aspettavano giustizia (e ancora l’aspettano). Il giorno dopo le Forze di sicurezza centrale, dopo mesi di latitanza, furono nuovamente incaricate di gestire lo sgombero di questo piccolo sit-in. Intervennero con brutalità inaudita. Alla vista dei familiari dei martiri e dei feriti della rivoluzione picchiati e umiliati dalla polizia, la gente tornò a occupare in massa piazza Tahrir. Nella vicina via Mohamed Mahmoud si scatenò una feroce battaglia fra manifestanti e poliziotti, questi ultimi coadiuvati da baltagheya (teppisti prezzolati). La battaglia durò per circa una settimana e fu feroce. I manifestanti lanciavano pietre, la polizia un gas lacrimogeno letale e pallottole di gomma. I cecchini sparavano dai tetti sui manifestanti, gli ultras accorrevano in aiuto dei dimostranti con i fuochi di artificio. Vari tentativi di tregua fallivano uno dopo l’altro, il sangue scorreva, i giovani soffocavano, i feriti riempivano gli ospedali da campo, il grido di piazza Tahrir era: «Abbasso il governo del feldmaresciallo!». Alla fine, la battaglia causò almeno una quarantina di morti e più di tremila feriti. Non fu certo l’ultima, ma fu forse quella che rimase più indelebilmente impressa nella memoria.

Adesso, due anni dopo, tutti reclamano il diritto di commemorare i morti di via Mohamed Mahmoud. I promotori della campagna in favore della candidatura del generale Abdel Fattah el-Sisi hanno annunciato che celebreranno l’anniversario del 19 novembre. Fra l’altro, infatti, il caso ha beffardamente voluto che in quel giorno cada proprio il compleanno del generale el-Sisi, che all’epoca della battaglia di via Mohamed Mahmoud era alle dipendenze del feldmaresciallo Tantawi e ora è diventato un eroe nazionale. Ma anche l’Alleanza anti-golpe (cioè i sostenitori di Morsi) intendono ricordare il 19 novembre con nuove manifestazioni contro l’esercito e il governo ad interim, dimenticando che fu proprio il loro ex presidente a onorare il feldmaresciallo Tantawi e gli altri vertici militari della vecchia gestione, con medaglie e lodi sperticate per la loro condotta durante la prima fase di transizione. Morsi giunse persino ad affermare che la polizia era stata al cuore della rivolta del 25 gennaio 2011, senza contare tutto il sostegno concesso ai militari dagli islamisti, quando i manifestanti laici chiedevano aiuto sotto la pesante repressione delle forze armate. La politica, infine, sostituisce il memoriale costruito spontaneamente dai giovani della rivoluzione, in ricordo delle vittime del novembre 2011, con un monumento «ufficiale» nuovo di zecca.

Solo i giovani della rivoluzione fanno tutto il possibile per mantenere intatta la memoria, con i pochi mezzi a loro disposizione. Lo stato di emergenza è stato revocato, tuttavia s’intravvede all’orizzonte l’approvazione di una nuova, micidiale, legge anti-proteste, mentre i casi di tortura nelle stazioni di polizia tornano ad aumentare. In preparazione c’è anche una legge anti-graffiti che dovrebbe, nelle intenzioni dei legislatori, tenere pulite le città. I graffiti, negli ultimi anni, sono diventati un potente canale espressivo della gioventù rivoluzionaria e la via Mohamed Mahmoud, guarda caso, è divenuto un vero e proprio museo a cielo aperto da questo punto di vista, ospitando i graffiti più sorprendenti e artistici.

Chissà che aspetto avrà il nuovo monumento in piazza Tahrir… e quanto durerà.

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