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Il patriarca Twal condanna la demolizione di un immobile del patriarcato latino

Andrea Krogmann
6 novembre 2013
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Il patriarca Twal condanna la demolizione di un immobile del patriarcato latino
Monsignor Fouad Twal (a sin.) e il vescovo ausiliare mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo davanti alle macerie dell'edificio abbattuto (foto Andrea Krogmann)

A fine ottobre i militari israeliani hanno abbattuto l'abitazione di una famiglia palestinese di 14 membri situata tra Gerusalemme e Betlemme. L'edificio era di proprietà del patriarcato latino. Ieri il patriarca mons. Fouad Twal si è recato sul posto e ha definito la demolizione un «atto di vandalismo» che va contro la legge israeliana e il diritto internazionale.


(Gerusalemme) – La distruzione da parte dei militari israeliani di una casa di proprietà del patriarcato latino abitata da una famiglia palestinese è un «atto di vandalismo» che va contro la legge israeliana e il diritto internazionale, ha detto il patriarca latino di Gerusalemme. Ieri, 5 novembre, accompagnato da una piccola delegazione, mons. Fouad Twal si è recato sul posto, non lontano dal varco tra Betlemme e Gerusalemme. Si tratta, secondo quanto comunica il patriarcato, di una proprietà di 6 dunum (pari a seimila metri quadrati – ndr) con un edificio risalente a prima della creazione dello Stato di Israele (nel 1948). Foto aeree israeliane documentano l’esistenza della casa già prima che la parte orientale della città venisse occupata dalle truppe israeliane nel 1967.

Secondo gli affittuari – una famiglia palestinese composta da 14 membri presente sul posto da una ventina d’anni – la casa è stata rasa al suolo il 28 ottobre scorso senza alcun preavviso. «Ci siamo trovati davanti al fatto compiuto», ha detto il patriarca. Secondo il quale si tratta del primo caso di distruzione di un immobile di proprietà ecclesiastica. «È un segnale di aggravamento della situazione che non aiuta per nulla il processo di pace», ha sottolineato mons. Twal.

Nessun commento da parte del ministero dell’Interno israeliano o della municipalità di Gerusalemme.

L’avvocato del patriarcato, Mazen Qupty, ha annunciato azioni legali nei confronti delle autorità israeliane: «Ricostruiremo la casa e ci riserviamo di esaminare la possibilità di chiedere il risarcimento danni». Secondo Qupty, la distruzione dell’unica casa abitata da una famiglia araba tra Gilo e Har Homa (due dei nuovi quartieri, o insediamenti, ebraici edificati appena a nord di Betlemme – ndr) non «avviene per caso». Il legale ammette che vi era stato un processo contro gli abitanti dell’edificio in questione nel 2011. Il tribunale israeliano aveva concluso che si trattava di una costruzione illegale e ne aveva ordinato la demolizione il 26 novembre 2011.

Secondo i dati dell’Ufficio Onu per il coordinamento delle questioni umanitarie (Ocha), 91 abitazioni sono state demolite a Gerusalemme dall’inizio di quest’anno al 30 ottobre e 265 persone sono rimaste senza tetto. Nello stesso arco di tempo, lo scorso anno, furono abbattute 64 case e 71 persone dovettero sfollare.

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