Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

«Per il Medio Oriente dialogo senza alternative»

Chiara Tamagno
7 ottobre 2013
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Padre Claudio Monge, superiore della comunità dei domenicani di Istanbul, Turchia, è stato ospite a Torino dell’università del dialogo promossa dal Sermig. Niente è più necessario del dialogo in Medio Oriente, spiega il religioso. Con una puntualizzazione: «Non esiste il dialogo tra sistemi; si tratta sempre di un incontro tra singole persone, tra volti e vite precise».


(Torino) – «Oggi in Medio Oriente il dialogo è un’emergenza: necessario per non affondare nell’homo homini lupus», un’opportunità per non arrivare a sbranarsi a vicenda. Lo ha affermato padre Claudio Monge, superiore della comunità dei domenicani di Istanbul, Turchia, lo scorso 4 ottobre, presentando a Torino il suo ultimo libro Stranieri con Dio. L’ospitalità nelle tradizioni dei tre monoteismi abramitici (Ed. Terra Santa, 2013). La serata ha aperto il ciclo di incontri che il Sermig, Arsenale della Pace di Torino, organizza nell’ambito dell’Università del dialogo, giunta al decennio di attività.

Padre Claudio Monge, ha iniziato col racconto del suo approccio con la cultura orientale, quando nel 1997 arrivò «disarmato, in una terra dove la Chiesa non era (e non è) neppure riconosciuta giuridicamente, senza conoscere la lingua, senza avere parole per comunicare». Eppure fu questa la provocazione che gli fece subito capire che «per dialogare non è prioritario metterci parole, bensì scoprire il volto dell’altro, riconoscere la sua diversità, anche radicale, e incamminarsi in un lungo itinerario di studio della cultura e della mentalità del nuovo popolo». Padre Claudio ha raccontato al pubblico del Sermig alcuni suoi primi incontri ad Istanbul, dove sperimentò che l’ospitalità sconvolge il ritmo del tempo, induce a non avere fretta, a lasciar scorrere silenzi, sguardi, parole…

Alla domanda su quanti sono i cristiani oggi in Turchia e su come si svolge il dialogo islamo-cristiano, padre Monge ha sfatato le terminologie occidentali: «Non esiste il dialogo islamo-cristiano, perché non è dialogo tra sistemi, bensì tra persone singole, tra volti e vite che si incontrano. E non importa quindi il numero, il fatto che i cristiani siano appena lo 0,1 per cento». E ancora: «Dobbiamo superare la logica dei sistemi, che risponde a una strategia politica internazionale che ragiona per sistemi contrapposti».

La voce pacata si è scaldata di passione: «Come credenti rispondiamo a un’altra logica, che sembra non avere senso, perché parla di perdono e addita un Dio che oggi allarga ancor di più le braccia sulla croce per reintegrare questa umanità divisa». Nella giornata in cui si è commemorata la tragedia di Lampedusa (la strage di oltre 300 immigrati annegati, al largo dell’isola siciliana, lo scorso 3 ottobre – ndr), parlare di dialogo suonava dunque una strada senza alternative: «un’emergenza – ha spiegato il frate domenicano – per non affondare nell’homo homini lupus, e dunque un’opportunità». Oggi, in Medio Oriente il dialogo tra credenti è ostacolato sia dall’atteggiamento del mondo sviluppato (il «tronfio Occidente» come lo ha definito padre Claudio), ma anche dalle chiusure delle locali comunità cristiane «che rischiano di rimanere ferme alla tomba di Cristo e di non vederne la risurrezione, là dove oggi ci si arrocca nella memoria, incatenati dalla storia, e non si è capaci di celebrare il memoriale del sacrificio di Gesù, che è farsi dono». Cosa possono fare invece i cristiani dell’Occidente per favorire il dialogo con le fedi d’Oriente? Padre Monge, oltre ad invitare all’incontro personale con persone di altre fedi, nel rispetto reciproco, ha incentivato il turismo responsabile, «quell’andare scalzi, per ascoltare e scoprire in punta dei piedi l’altro».

Particolarmente calzante l’esempio di Abramo, uomo ospitale per eccellenza, «seduto sulla soglia della tenda, piegato dal dolore, ma pronto ad andare incontro all’Altro che si avvicina…». Un incontro paradigmatico perché «Abramo non porta l’ospite nella propria tenda, lo incontra in un luogo neutro, disarmato, dove la sua storia incontra quella dell’Altro, sotto le querce di Mamre».

Di qui l’invito a farci tutti  «stranieri con Dio», considerandoci esuli su questa terra e aperti alla logica della gratuità.

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