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L’azione della Santa Sede per scongiurare un’operazione militare Usa in Siria

Terrasanta.net
5 settembre 2013
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L’azione della Santa Sede per scongiurare un’operazione militare Usa in Siria
Papa Francesco in piazza San Pietro.

Con interventi su più piani e ad ampio raggio, il Papa e gli organismi della Santa Sede si adoperano per disinnescare la minaccia di operazioni militari occidentali in territorio siriano. Si moltiplicano intanto le adesioni alla speciale giornata di digiuno e preghiera per la pace indetta da Papa Francesco per sabato 7 settembre. A Gerusalemme veglia al Getsemani.


(Milano/e.p.-g.s.) – La Santa Sede ha invitato a tutti gli ambasciatori accreditati a prendere parte a un briefing che si è svolto questa mattina in Vaticano, in vista della speciale giornata di digiuno e di preghiera per la pace in Siria indetta da Papa Francesco per sabato prossimo, 7 settembre.

Intanto la segreteria di Stato ha inviato alle conferenze episcopali di tutto il mondo le informazioni relative alla giornata del 7 e gli altri dicasteri vaticani studiano i modi per dare ciascuno il proprio sostegno all’iniziativa del Papa. Il quale sabato presiederà una veglia in piazza San Pietro che si prolungherà dalle 19 alle 23.

Ieri mattina, al termine della prima udienza generale dopo la pausa estiva, Papa Francesco ha rinnovato «l’invito a tutta la Chiesa a vivere intensamente questo giorno». Il Pontefice ha poi espresso «riconoscenza agli altri fratelli cristiani, ai fratelli delle altre religioni e agli uomini e donne di buona volontà che vorranno unirsi, nei luoghi e nei modi loro propri, a questo momento». Queste le sue parole conclusive: «Si alzi forte in tutta la terra il grido della pace!».

Una fonte diplomatica a Roma ha detto a Terrasanta.net che l’influenza che il Papa può esercitare in questa crisi è considerevole e che i responsabili politici a livello planetario non possono permettersi di ignorarlo. «Il Papa – osserva la fonte – si è guadagnato un così ampio seguito in differenti nazioni che i governi favorevoli a un intervento militare in Siria troveranno qualche difficoltà davanti al loro stesso popolo».

Come dimostra anche il briefing rivolto ai diplomatici accreditati in Vaticano questa mattina, la Santa Sede sta facendo campagna per scongiurare ogni ulteriore intervento militare in Siria con tutti i canali che ha a disposizione.

Ai 71 ambasciatori intervenuti nonostante la convocazione con breve preavviso, l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i rapporti con gli Stati, ha sottolineato che «fin dall’inizio del conflitto, la Santa Sede è stata sensibile al grido di aiuto che giungeva dal popolo siriano, in particolare dai cristiani, non mancando da subito di manifestare con chiarezza la sua posizione caratterizzata, come in altri casi, dalla considerazione della centralità della persona umana – a prescindere della sua etnia o religione – e dalla ricerca del bene comune dell’intera società».

Di fronte alla tragica situazione siriana, ha osservato Mamberti, «si rivela assolutamente prioritario far cessare la violenza, che continua a seminare morte e distruzione e che rischia di coinvolgere non solo gli altri Paesi della regione, ma anche di avere conseguenze imprevedibili in varie parti del mondo. All’appello alle parti di non chiudersi nei propri interessi ma di intraprendere con coraggio e con decisione la via dell’incontro e del negoziato, superando la cieca contrapposizione, si aggiunge quello alla comunità internazionale a fare ogni sforzo per promuovere, senza ulteriore indugio, iniziative chiare per la pace in quella nazione, basate sempre sul dialogo e sul negoziato. Insieme all’impegno per la cessazione della violenza si rivela di somma importanza richiamare l’esigenza e l’urgenza del rispetto del diritto umanitario».

Con le parole dell’arcivescovo, la diplomazia pontificia ha voluto suggerire «tre principi generali che dovrebbero orientare la ricerca di una giusta soluzione al conflitto»: adoperarsi per il ripristino del dialogo fra le parti e per la riconciliazione del popolo siriano; preservare l’unità del Paese, evitando la costituzione di zone diverse per le varie componenti della società; garantire, accanto all’unità del Paese anche la sua integrità territoriale. Infine va assicurato che «nella Siria di domani ci sarà posto per tutti, anche e in particolare per le minoranze, inclusi i cristiani» e che sia tenuto «come riferimento il concetto di cittadinanza, in base al quale tutti, indipendentemente dall’appartenenza etnica e religiosa, sono alla stessa stregua cittadini di pari dignità, con eguali diritti e doveri».

Ci si aspetta che Papa Francesco continui a far sentire la sua voce preoccupata fino a che la situazione non migliorerà. Ieri ha scritto al presidente russo Vladimir Putin, che si accinge a presiedere ed ospitare i lavori del G20 (il gruppo delle venti maggiori economie del pianeta) a San Pietroburgo.

Dopo aver toccato altre questioni la lettera di Papa Francesco recita: «I leader degli Stati del G20 non rimangano inerti di fronte ai drammi che vive già da troppo tempo la cara popolazione siriana e che rischiano di portare nuove sofferenze ad una regione tanto provata e bisognosa di pace. A tutti loro, e a ciascuno di loro, rivolgo un sentito appello perché aiutino a trovare vie per superare le diverse contrapposizioni e abbandonino ogni vana pretesa di una soluzione militare. Ci sia, piuttosto, un nuovo impegno a perseguire, con coraggio e determinazione, una soluzione pacifica attraverso il dialogo e il negoziato tra le parti interessate con il sostegno concorde della comunità internazionale. Inoltre, è un dovere morale di tutti i Governi del mondo favorire ogni iniziativa volta a promuovere l’assistenza umanitaria a coloro che soffrono a causa del conflitto dentro e fuori dal Paese».

Intanto molte entità ecclesiali vanno esprimendo appoggio al Papa.

In Terra Santa la parrocchia latina di Gerusalemme ha invitato tutti i cristiani locali a partecipare a una veglia di preghiera per la pace nel Medio Oriente, in Siria e in Egitto, che si svolgerà sabato 7 presso la basilica dell’Agonia, al Getsemani. Il rito inizierà alle 20.30 e si concluderà con una processione con le candele nell’Orto degli ulivi.

I francescani ad Assisi – dove il Papa si recherà il prossimo 4 ottobre – parteciperanno tenendo aperta fino a tarda sera la basilica inferiore di San Francesco, consentendo ai pellegrini e ai fedeli che lo vorranno di recarsi a pregare per la pace, e per i responsabili politici che hanno davanti a sé gravi decisioni, sulla tomba del Santo. Sempre ad Assisi sabato sera è prevista la recita corale del rosario presieduta dal vescovo mons. Domenico Sorrentino presso la basilica di Santa Maria degli Angeli.

Anche l’episcopato cattolico statunitense chiede al presidente Barack Obama di non mettere in atto il minacciato intervento delle forze armate americane. Posizione espressa in una lettera ufficiale indirizzata ieri all’inquilino della Casa Bianca dal cardinale arcivescovo di New York, Timothy Dolan, presidente della Conferenza episcopale, e dal vescovo di Des Moines, mons. Richard E. Pates, presidente della Commissione Giustizia e Pace.

«Ci uniamo alla sua assoluta condanna dell’impiego di armi chimiche in Siria», scrivono i due ecclesiastici. Ma poi si fanno portavoce del Papa e dei vescovi del Medio Oriente «che supplicano la comunità internazionale di non mettere in atto un intervento militare in Siria perché esso sarebbe controproducente, esaspererebbe una situazione già terribile e porterebbe a conseguenze negative inattese». «Da lungo tempo la nostra Conferenza episcopale ripete che il popolo siriano ha urgentemente bisogno di una soluzione politica. Chiediamo agli Stati Uniti di lavorare strenuamente e instancabilmente con altri governi per ottenere un cessate il fuoco, iniziare negoziati seri, fornire un’assistenza umanitaria che sia imparziale e incoraggiare gli sforzi per costruire in Siria una società inclusiva che protegga i diritti di tutti i cittadini, inclusi i cristiani e le altre minoranze».

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