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La galassia dei ribelli siriani

di Giuseppe Caffulli
24 settembre 2013
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Quanti sono e dove sono gli oppositori del regime di Bashar al-Assad? E quale porzione di territorio controlla ancora il raís di Damasco? In quali fronti interni è divisa oggi la Siria? Le domande non sono peregrine, specie a poche ore dalle notizie che parlano di violenti dissidi interni al fronte qaedista e non solo.


Quanti sono e dove sono gli oppositori del regime di Bashar al-Assad? E quale porzione di territorio controlla ancora il raís di Damasco? In quali fronti interni è divisa oggi la Siria? Le domande non sono peregrine, specie a poche ore dalle notizie secondo le quali nel nord-est del Paese i combattenti del Fronte islamico di Iraq e del Levante (Isis) avrebbero attaccato il quartier generale del Fronte al Nusra, a Shahadi. I dissidi interni al fronte qaedista e non solo (secondo Al Arabiya il 22 settembre sarebbe stato ucciso in uno scontro con l’Esercito siriano libero uno dei leader dell’Isis, Abu Abdallah al-Libi) aggiungono un ulteriore elemento di complessità della situazione.

A dar retta ad alcune statistiche, sarebbero non meno di 100 mila i combattenti anti-Assad, divisi in tre gruppi principali: il Fronte islamico siriano (Fis), l’Esercito siriano libero (Esl) e il Fronte islamico siriano di liberazione (Fisl). Già dalle denominazioni delle principali fazioni, si evince un dato: per la maggior parte, i ribelli anti-Assad si richiamano all’integralismo islamista interno al mondo sunnita.

Il Fis, capeggiato da Abu Abdullah al Hamawi, vanterebbe almeno 25 mila affiliati in armi (secondo altre fonti, la cifra è di 18 mila). Si tratta di una formazione  salafita creata nel dicembre del 2012 e foraggiata dagli emiri del Golfo. Il suo obiettivo non è la democratizzazione della Siria, ma la nascita di uno Stato islamico.

L’Esercito siriano libero (Esl), nato nella metà del 2011 e formato da molti fuoriusciti dall’esercito regolare siriano, è finanziato da alcuni Paesi occidentali e del Golfo. Portavoce delle milizie (costituite da varie brigate sotto comandi più o meno autonomi) è Salim Idriss. La linea generale dell’Esl è laica e nazionalista, ma al suo interno ci sono componenti che si ispirano all’Islam radicale. Il numero dei combattenti che l’Esl dichiara è di 40 mila unità. Ma fonti indipendenti ritengono più verosimilmente che il numero superi di poco le 30 mila.

Terza componente maggioritaria è il Fisl, di cui è leader Ahmed Eissa al Sheikh (appartenente alle Brigate Suqour al Sham). Si tratta di un’alleanza islamista nata poco più di un anno fa, nel settembre 2012. Il suo progetto politico consiste nella caduta di Assad e in una maggiore islamizzazione della società siriana. Lo comporrebbero 35-40 mila combattenti.

Collegate ai tre principali gruppi ribelli, ecco poi una costellazione di milizie islamiche, delle quali non è sempre facile reperire informazioni attendibili. La principale formazione è denominata Brigate Farouq, di cui è leader Osama Juneidi. Nata in seno all’Esercito siriano libero nella provincia di Homs, si è diffusa in molte altre province siriane. Fonti interne stimano in 14 mila i membri di questa fazione.

Guidato da Abu Mohammed al Golani, il Fronte al Nusra ha cominciato a organizzarsi segretamente alla metà del 2011 con l’aiuto di Al Qaeda in Iraq. Dal dicembre del 2012 gli Usa hanno inserito questa formazione nella lista delle organizzazioni terroristiche. Sarebbero almeno 5 mila i combattenti, molti dei quali stranieri (afghani, ceceni, iracheni). Si ispira ad al Qaeda anche l’Isis.

Forse 10 mila (ma alcune fonti parlano addirittura di 25 mila) sarebbero invece gli affiliati del Movimento islamico Ahrar al Sham, di cui è capo Abu Abdullah al Hamawi. Collegata al Fronte islamico siriano, è probabilmente la più numerosa fazione salafita siriana, formata da centinaia di cellule locali sparse sul territorio. Il progetto politico è quanto mai lineare: uno Stato islamico basato sulla sharia.

Soprattutto concentrate nella regione di Idlib, le Brigate dei martiri della Siria di Jamaal Maarouf sono legate all’Arabia Saudita e vantano qualche migliaio di combattenti. La propaganda interna sostiene che gli affiliati sarebbero 18 mila, ma la cifra appare decisamente eccessiva.

Gravita invece nell’orbita del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) l’Unità di protezione popolare (Ypg), gruppo armato curdo attivo in ampie zone nel nord della Siria. Leader è Khebat Ibrahim, vanta qualche migliaio di combattenti (anche donne) e si batte per l’autonomia della popolazione curda dentro il contesto siriano.

La Brigata dell’Islam, creata dalla famiglia Alloush di Douma, a est di Damasco (dove è principalmente attiva), è legata all’Arabia Saudita. Non si conosce il numero preciso dei suoi combattenti.

La Brigata Tawhid, guidata da Abdelaziz Salama, è la forza principale nella regione di Aleppo. Dice di avere 10 mila miliziani, si batte per una forma di governo islamico ma assicura di voler garantire la sicurezza delle minoranze religiose.

Da ultimo le  Brigate Suqour al Sham, di cui è leader Ahmed Eissa al Sheikh. Attive nel territorio di Jabal al Zawiya, nella regione di Idlib, sarebbero formate da circa 10 mila combattenti per l’edificazione in Siria di uno Stato islamico governato dalla Sharia.

Attualmente i ribelli controllano principalmente le zone rurali del nord, e le aree di confine con la Turchia, il Libano e l’Irak. L’esercito regolare siriano controlla Damasco e le vallate alauite verso Lattakia. Attorno ad Aleppo e Homs ampie zone sono contese da esercito regolare e fazioni ribelli. Dal punto di vista del controllo del territorio, la Siria è a macchia di leopardo, con aree via via conquistate dall’esercito e nuovamente riconquistate dalle varie fazioni combattenti. 

(Twitter: @caffulli)

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