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In Egitto il governo azzoppa i Fratelli Musulmani

Terrasanta.net
6 settembre 2013
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Il governo del Cairo ha deciso di sciogliere i Fratelli Musulmani, privandoli dell’autorizzazione ad operare come organizzazione non governativa. Secondo fonti di stampa locali la decisione del governo diventerà operativa nel giro di pochi giorni ed è motivata dall’accusa alla Fratellanza di aver usato il proprio quartier generale come deposito per armi ed esplosivi.


(Milano/c.g.) – Il governo del Cairo ha deciso di sciogliere i Fratelli Musulmani, privandoli dell’autorizzazione ad operare come organizzazione non governativa. Secondo due giornali locali, il quotidiano indipendente Al-Shorouk e il quotidiano statale Al-Akhbar – citati da Al Arabiya e da alcune grandi agenzie di stampa -, la decisione del governo diventerà operativa nel giro di pochi giorni ed è motivata dall’accusa rivolta alla Fratellanza di aver usato il proprio quartier generale come deposito per armi ed esplosivi e come base da cui fare fuoco.

Lo scioglimento dei Fratelli Musulmani cambia in modo radicale gli equilibri politici del Paese. Infatti, la Fratellanza è ancora oggi di certo l’organizzazione più radicata e strutturata del panorama politico egiziano. Nasce nel 1928 proprio in Egitto e, già nel 1954, viene messa al bando dal governo militare allora al potere.  Nonostante la clandestinità e l’arresto di molti suoi esponenti, negli anni l’organizzazione cresce e si organizza; tanto che nel 2011, con la caduta del regime di Hosni Mubarak, riemerge e fonda il partito Libertà e Giustizia, suo braccio politico, con cui partecipa alle elezioni parlamentari e presidenziali. Mohammed Morsi, esponente dei Fratelli musulmani, vince così le elezioni presidenziali il 30 giugno 2012, con oltre il 50 per cento dei consensi. Nel suo primo anno di governo, tuttavia, non convince l’elettorato: la crisi economica precipita e molti provvedimenti del governo vanno nella direzione di una non gradita islamizzazione del Paese. Con un colpo di mano del presidente Morsi viene approvata una Costituzione fortemente islamizzata, che non rappresenta l’intero Paese; un testo contro il quale laici e cristiani a più riprese puntano il dito. Così il 30 giugno 2013, a un anno dalla sua vittoria alle urne, un movimento popolare di milioni di egiziani scontenti, chiede le dimissioni di Morsi. L’esercito si schiera a fianco dei manifestanti e il presidente viene deposto e arrestato. Alcune settimane dopo, il 14 agosto, la frattura tra Fratelli Musulmani e il resto del Paese si aggrava: l’esercito sgombera con le armi due grandi piazze del Cairo occupate dalla Fratellanza. In questa occasione vengono uccisi dall’esercito centinaia di sostenitori del movimento islamista (secondo l’agenzia France Press da luglio ad oggi almeno 900) e i leader arrestati. Nei giorni successivi lo scontro rischia di diventare anche interreligioso: decine di chiese sono date alle fiamme, probabilmente da islamisti, come reazione alla repressione dell’esercito.

Con la decisione di sciogliere i Fratelli Musulmani come istituzione rimane ora il problema di come dare una voce (e una rappresentanza democratica) ai milioni di egiziani che ancora oggi si identificano nella Fratellanza e vivono la sua soppressione come una ingiustizia.

Intanto in Egitto la tensione sociale rimane elevata. Ieri il ministro dell’Interno, Mohamed Ibrahim, tra i principali artefici della repressione nei confronti della Fratellanza, è scampato a un attentato. Una bomba è esplosa al Cairo al passaggio della sua vettura causando morti e feriti nel suo seguito e tra i passanti. L’attentato non è stato rivendicato.

Infine oggi, come capita da settimane ogni venerdì, la Fratellanza Musulmana ha indetto una grande manifestazione di protesta contro il governo militare, nelle principali città egiziane.

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