Donna, ebrea e architetto per i cristiani di Gerusalemme
Una donna laboriosa e discreta, che si muove in punta dei piedi tra le case che la Custodia di Terra Santa affitta ai cristiani nella città vecchia di Gerusalemme. Si chiama Tzafy Shelef, ebrea di 44 anni e architetto, che offre la propria consulenza per migliorare l’abitabilità di queste case antichissime.
Una collaborazione iniziata una decina di anni fa, nell’ambito di un progetto per la Municipalità di Gerusalemme, che consentì a Tzafy di aprire gli occhi su quartieri che non aveva mai conosciuto da vicino. Le si aprì il mondo della Custodia di Terra Santa, per cui prova ancora oggi stupore e riconoscenza: «Uno scrigno di cultura e tradizione – dice -, attento alla conservazione e alla trasmissione dei valori, grazie a molti progetti educativi. Mi colpisce l’atmosfera che si respira tra le mura di San Salvatore, dove chi lavora viene accolto indipendentemente dalla cultura di provenienza e dalla lingua che parla. Questo vale anche per me, benché il fatto di essere ebrea e donna susciti qualche diffidenza».
Tzafy ha cercato anche di imparare quel tanto di arabo che le consente di comunicare con gli operai, in prevalenza palestinesi. Lavora con rigore e precisione, attenta a rispettare spazi, tradizioni, ritrosie: «Per me è una sfida quotidiana conciliare due culture, la mia di ebrea e quella degli arabi, ma il respiro di armonia che mi porto a casa la sera mi ripaga da ogni fatica».
Tzafy vive il suo lavoro come un privilegio, quello di contribuire a migliorare la vita dei cristiani e di preservare la memoria di quelle pietre antiche. Un lavoro di mappatura e di soluzioni tecniche, che tengano conto delle esigenze espresse da chi vi abita. Per questo per Tzafy è importante ascoltare: «Penso che le relazioni umane e l’ascolto dei bisogni di queste famiglie sia ancor più importante di qualsiasi orpello e dettaglio tecnico». Essere donna secondo lei «aggiunge quel pizzico di gentilezza, tenerezza, calore e, al tempo stesso, quel senso pratico che spesso gli uomini non colgono».