Diffusa ieri in tarda serata dalla Turchia, la notizia del rapimento nel nord della Siria del gesuita di origini romane Paolo Dall’Oglio col trascorrere delle ore viene ancora valutata con prudenza. Il ministero degli Esteri italiano continua a cercare conferme. Il gesuita italiano è noto per aver ridato vita all’antico monastero di Mar Musa.
(Milano/g.s.) – Diffusa ieri in tarda serata dalla Turchia, la notizia del rapimento nel nord della Siria del gesuita di origini romane Paolo Dall’Oglio col trascorrere delle ore viene ancora valutata con prudenza. Il ministero degli Esteri italiano continua a cercare conferme e anche alla nunziatura apostolica a Damasco il fatto che padre Paolo (59 anni) da ieri non sia più raggiungibile al cellulare viene considerato sì con preoccupazione, ma senza saltare a conclusioni infauste. Con la guerra civile in atto e le diverse aree del territorio nazionale sotto il controllo di diverse fazioni è difficile vagliare l’attendibilità delle notizie.
Resta il fatto che di padre Dall’Oglio si sono perse le tracce ieri, mentre si trovava ad Ar Raqqah, cittadina siriana a est di Aleppo e poco a sud del confine con la Turchia. Espulso dalla Siria nel giugno 2012, il religioso vi ha fatto ritorno varie volte nei mesi scorsi, come anche in questi giorni, transitando per i varchi di confine ormai controllati dagli insorti.
Il gesuita italiano è noto dentro e fuori il Paese per aver sposato gli ideali dell’insurrezione contro il presidente Bashar al Assad, ma ancor più per aver ridato vita all’antico monastero di Mar Musa, che lui stesso cominciò a restaurare nel 1982.
Dal 1991 l’edificio abbarbicato sul costone di un’aspra montagna non lontana da Damasco, ospita una comunità monastica, maschile e femminile, dedita al lavoro, alla preghiera, all’ospitalità e, in modo particolare, al dialogo con i musulmani.