Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Noè, colui che cammina con Dio

don Vincenzo Lopasso
22 luglio 2013
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Noè è menzionato nei capitoli 6-9 del libro della Genesi che raccolgono tradizioni differenti su un’inondazione di carattere universale. Sebbene altri testi antichi, provenienti da vari Paesi vicini a Israele, narrino che nei primordi dell’umanità sia esistito un diluvio di questo tipo, di esso non c’è alcuna prova archeologica.

Il diluvio esprime il giudizio divino sull’uomo. Tale giudizio coinvolge anche il mondo e le cose create, perché essi risentono negativamente del peccato dell’uomo. Dio, con il diluvio, riporta le cose allo stato primigenio, quando non c’era distinzione tra le acque che stavano sopra il firmamento e quelle che si trovavano sotto di esso, e quando sulla terra non esisteva ancora l’asciutto (Gen 1,6-7.9-10).

I racconti sul diluvio evidenziano il rapporto esistente tra giudizio e salvezza. Dio promette che non punirà mai più la creazione a causa del peccato dell’uomo (Gen 8,21). Tale promessa ha il carattere di un giuramento ed è eterna. Dio la realizzerà senza premettere alcuna condizione, in modo unilaterale e gratuito (9,8-17). Il segno di tale promessa è l’arcobaleno sulle nubi: chiunque guarderà l’arcobaleno, concepito come un arco da guerra a riposo, potrà ricordarsi che Dio non manderà più sulla terra acque tali da distruggerla completamente, come avvenne ai tempi di Noè.

Nel Nuovo Testamento (Prima lettera di Pietro, 3,13-24) si vede nel battesimo un’opera di distruzione analoga a quella avutasi con il diluvio: in entrambi i casi essa porta a una nuova creazione e alla salvezza. Il Vangelo di Matteo si spinge ancora più in là parlando di Gesù come Figlio dell’uomo in rapporto al diluvio (24,39) e nel contesto del racconto del battesimo nel Giordano (Mt 3,13-17; 24,39): in entrambi i casi le acque rappresentano il passaggio a una nuova creazione. Perciò per i Padri della Chiesa Noè che sopravvive al diluvio anticipa Gesù Cristo che si leva dal Giordano e dal sepolcro, quale vincitore del peccato e della morte.

Noè  scampa al giudizio per la sua giustizia. Genesi 6,9 lo definisce «uomo giusto ed integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio» (cfr 2Pt 2,5). Egli è un personaggio tipico anche per altri aspetti. Innanzitutto, essendo il primo uomo dopo il diluvio, è legato strettamente alla terra, come lo era stato Adamo. Questi, dopo il peccato, per punizione, è costretto a lavorare il suolo, mentre questo, per colpa sua, produce «spine e cardi» (3,18). Noè è detto «uomo della terra» o «coltivatore del suolo» (9,20). La sua nascita era stata salutata dal padre Lamech come segno di consolazione da parte del Signore per il suolo che era stato maledetto (5, 29). Da qui il nome Noè, dalla radice «consolare».

In secondo luogo, Noè ha la missione di preservare la vita. Come Adamo, è padre dell’umanità, di quella nata dai suoi figli dopo il diluvio. Egli dovrà ospitare nell’arca una coppia di ogni animale (7,2) e la sua stessa famiglia (6,18), in modo che la vita possa continuare in futuro. Inoltre dovrà procurare  loro il necessario nutrimento (6,21). Quest’attenzione alla vita si registra anche dopo il diluvio, quando Dio lo benedice assieme ai suoi figli con le stesse parole con le quali aveva benedetto la prima coppia: «Siate fecondi e moltiplicatevi» (1,28; 9,1);  prescrive di non mangiare gli animali con il sangue (9,4), ed esige che la vita umana sia inviolabile, perché appartiene a lui (9,6).

Questi racconti sono di grande attualità, perché aiutano a cogliere il rapporto esistente tra etica e ambiente, tra violazione della legge di Dio e rispetto della natura. Mostrano come il peccato, di qualsiasi genere, produca i suoi effetti negativi non solo sulla collettività umana, ma anche sull’ambiente naturale in cui si vive. Essi aiutano a comprendere il giudizio divino come parte di un unico progetto che Dio realizza per la salvezza degli uomini e della creazione.

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