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Nel Neghev villaggi beduini a rischio

di Giorgio Bernardelli
9 luglio 2013
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Se ne parla davvero poco, ma in Israele sono settimane decisive per il futuro dei beduini del deserto del Neghev. Vale a dire la minoranza meno tutelata del Paese. Che sono poi quelle stesse popolazioni semi-nomadi che quando siamo pellegrini in Terra Santa ci piace tanto fotografare pensando che i pastori che fecero visita a Gesù Bambino dovevano essere più o meno così...


Se ne parla davvero poco, ma in Israele sono settimane decisive per il futuro dei beduini del deserto del Neghev. Vale a dire la minoranza meno tutelata del Paese. Che sono poi quelle stesse popolazioni semi-nomadi che quando siamo pellegrini in Terra Santa ci piace tanto fotografare pensando che i pastori che fecero visita a Gesù Bambino dovevano essere più o meno così.

Alla fine di giugno la Knesset ha approvato in prima lettura il Piano Prawer-Begin, un provvedimento che si propone di «mettere ordine» nei diritti sulle terre del Neghev, il deserto che si trova nella parte meridionale di Israele. La questione è semplice: da sempre i beduini vivono nel Neghev, ma si è sempre trattato di una presenza basata sulla consuetudine più che su regole scritte. Così di fatto fino ad ora decine di villaggi beduini dal 1948 a oggi sono stati semplicemente inesistenti per lo Stato di Israele. Attualmente i beduini sono circa 210 mila in Israele, di cui 90 mila vivono tuttora in villaggi o piccoli insediamenti che ufficialmente non ci sono. E questo ha impedito loro di accedere a servizi essenziali come l’acqua o la corrente elettrica.

Da qualche anno – però – la questione si è complicata per un fattore nuovo: lo sviluppo urbanistico che sta vivendo il nord del Neghev. La massiccia ondata migratoria degli ebrei russi avvenuta negli anni Novanta (un milione di persone) ha portato Israele a individuare due zone principali di sviluppo: la Galilea e – appunto – il Nord del Neghev. Grazie alle infrastrutture – infatti – oggi anche una zona desertica può essere trasformata in un’area residenziale. Ci sono piani del governo israeliano di una decina d’anni fa che parlano dell’obiettivo di portare a vivere nel Neghev addirittura 250 mila persone, allentando così la tensione abitativa nella grande area metropolitana di Tel Aviv.

Solo che questi progetti – evidentemente – si scontrano con la storia e la vita quotidiana delle comunità beduine. Così una commissione ad hoc è stata incaricata di definire un piano che individui le aree di pertinenza. E – come non era difficile immaginare – i riconoscimenti degli insediamenti dei beduini sono stati ridotti al minimo. In pratica su 46 villaggi (che occupano complessivamente il 5 per cento del territorio del Neghev) solo 11 verrebbero riconosciuti. Altri 35 sarebbero invece cancellati con il risultato che – se questa legge dovesse essere approvata – circa 40 mila persone saranno sradicate dalle zone in cui da sempre abitano per essere concentrate in alcune città.

Il piano ha ottenuto un primo sì della Knesset e il governo Netanyahu conta di arrivare all’approvazione definitiva entro la fine di questo mese. A dare battaglia vi sono praticamente solo le associazioni che si occupano dei diritti dei beduini, che hanno sollecitato un intervento internazionale. Tra i più attivi in questo senso c’è il blog pacifista +972 che ha raccontato una storia interessante: il conduttore radiofonico Avri Gilad, voce molto vicina alla destra israeliana, in aprile aveva partecipato a un tour organizzato da Regavim, un’associazione di coloni che ha fatto della battaglia per il controllo delle terre nel Neghev la sua ragion d’essere. Di ritorno aveva scritto sul suo blog un post allarmistico: «Non c’è più il Neghev, i beduini se lo stanno prendendo con la forza». A quel punto, però, le comunità beduine lo hanno invitato per un nuovo tour che gli mostrasse anche tutto ciò che prima non gli avevano fatto vedere. E ne è nato un post dal contenuto diametralmente opposto: «A me pare equo – ha scritto – che se un ebreo in Israele può decidere se vivere in un ambiente urbano o in un ambiente rurale, lo stesso valga anche per i beduini. Applicare leggi diverse per popoli diversi è il problema più serio che oggi abbiamo in Israele».

Osservare le cose con gli occhi degli altri aiuta sempre a capire. La speranza è che anche tanti altri come Gilad se ne accorgano, prima che per i beduini diventi troppo tardi.

Clicca qui per leggere una scheda sul Piano Prawer-Begin

Clicca qui per leggere l’articolo tratto dal blog +972

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