In questa località sulla sponda orientale del Lago di Tiberiade (o Mar di Galilea) i primi cristiani facevano memoria del miracolo della liberazione dei due indemoniati compiuto da Gesù tra i gadareni. Oggi vi rimangono le vestigia, poco visitate dalle comitive di pellegrini, di un imponente monastero bizantino.
Nella calura del tardo pomeriggio, Kursi risuona del frinire delle cicale. A poche decidine di metri dalle rive del Lago di Tiberiade (ma sulla riva opposta rispetto alla città che dà nome al lago), sorgono i resti di un grande monastero bizantino. Siamo alla foce di un wadi, che precipita dalle alture del Golan, e che crea una piccola ma fertile pianura tra le rocce e il lago. Come spesso capita in archeologia (e accade spessissimo in Terra Santa), i resti del monastero di Kursi sono venuti alla luce in modo del tutto accidentale. All’inizio degli anni Settanta del secolo scorso erano iniziati gli scavi per la nuova carrozzabile che corre lungo il perimetro del lago. Ed ecco affiorare sotto le ruspe colonne e capitelli.
Gli archeologi Urman e Tzaferis del Dipartimento israeliano per le antichità (Israel Antiquities Authority, Iaa) hanno dedicato anni allo studio e agli scavi dell’area, arrivando alla conclusione che si tratterebbe (anche in base alle testimonianze degli antichi pellegrini cristiani) del luogo in cui la Chiesa dei primi secoli faceva memoria dell’episodio raccontato in Matteo 8, 28-33: «Giunto all’altra riva, nel paese dei Gadarèni, due indemoniati, uscendo dai sepolcri, gli vennero incontro; erano tanto furiosi che nessuno poteva più passare per quella strada. Cominciarono a gridare: “Che cosa abbiamo noi in comune con te, Figlio di Dio? Sei venuto qui prima del tempo a tormentarci?”. A qualche distanza da loro c’era una numerosa mandria di porci a pascolare; e i demòni presero a scongiurarlo dicendo: “Se ci scacci, mandaci in quella mandria”. Egli disse loro: “Andate!”. Ed essi, usciti dai corpi degli uomini, entrarono in quelli dei porci: ed ecco tutta la mandria si precipitò dal dirupo nel mare e perì nei flutti. I mandriani allora fuggirono ed entrati in città raccontarono ogni cosa e il fatto degli indemoniati».
Nel VI secolo, sul luogo del miracolo, venne costruito un imponente monastero bizantino, dotato anche di un porto per permettere l’attracco delle barche. Il complesso monastico era circondato da un muro sul quale si levava anche una torre di guardia. Un’iscrizione greca all’interno del battistero, fa risalire la costruzione del fonte all’abate Sthephanos, durante il regno dell’imperatore Flavio Maurizio Tiberio (582-602 d.C.)
L’importanza del luogo è testimoniata dalla bellezza della chiesa, in basalto nero, di cui restano ampie rovine e pavimenti mosaicati con raffinate decorazioni.
Probabilmente le raffigurazioni zoomorfe dei mosaici vennero danneggiate già a partire dall’invasione musulmana, nel VII secolo. Il monastero fu gravemente lesionato da un terremoto a metà dell’VIII secolo e infine abbandonato.