È iniziato il 26 giugno scorso e si concluderà il 24 luglio il processo per l’elezione dei due rabbini capo di Israele (uno sefardita, l’altro askenazita). Le procedure elettorali per questa istituzione creata nel 1921 sono fissate da una legge del 1980. Il Gran Rabbinato regolamenta molti aspetti della vita religiosa e civile ebraica in Israele.
(Gerusalemme) – È iniziato il 26 giugno scorso e si concluderà il 24 luglio il processo per l’elezione dei due rabbini capo di Israele (uno sefardita, l’altro askenazita).
Le procedure elettorali per questa istituzione creata nel 1921 sono fissate da una legge del 1980. Sotto l’Impero Ottomano, le autorità civili riconoscevano una sola autorità religiosa ebraica, quella del gran rabbino sefardita, soprannominato il Primate di Sion (Rishon leTzion), ma sotto il mandato britannico, la decisione di creare un rabbinato per l’insieme delle comunità giudaiche di ogni origine venne presa dal rabbino capo di Gerusalemme, rav Avraham Yitzhak Hacohen Kook, il principale pensatore del sionismo religioso.
Va specificato che il Gran rabbinato d’Israele non ha competenza su tutte le questioni d’ordine religioso, soprattutto a partire dal 1948 con la creazione dello Stato di Israele. Spetta al ministero degli Affari religiosi la nomina dei responsabili religiosi locali e l’erogazione di finanziamenti al rabbinato. Così non dipende dal rabbinato, ma dai ministeri della Giustizia e dell’Interno, la nomina dei giudici rabbinici, anche se la legge obbliga a nominare rabbini che abbiano ricevuto il diploma di giudice del rabbinato.
Anche la “cappellania” militare è indipendente. Così pure le comunità ultra-ortodosse hanno i loro dirigenti spirituali, al pari dei movimenti liberali e riformati.
Tra il 1921 e il 1980 i due rabbini capo d’Israele, una volta eletti, restavano in carica a vita, ma la legge sul rabbinato ha stabilito che l’incarico abbia una durata decennale. Per essere candidati bisogna avere compiuto i 40 anni e non aver superato i 70, oltre che essere giudice rabbinico o rabbino capo di una città. Non è prevista la possibilità di rielezione.
Il corpo elettorale, insediato formalmente sul finire giugno, è composto da 150 persone tra cui 80 rabbini membri di diritto e 70 delegati in rappresentanza dei cittadini. Tra i rabbini elettori vi sono i rabbini capo delle principali città d’Israele, i dieci giudici rabbinici con maggiore anzianità, il gran rabbino dell’Esercito (Tsahal) e il suo vice e altri 10 rabbini scelti dal ministero degli Affari religiosi di concerto con il governo.
Gli altri 70 elettori includono 25 sindaci delle maggiori città del Paese; 10 presidenti dei consigli regionali e locali, 18 presidenti dei concistori ebraici delle località principali, due ministri scelti dal governo, 5 deputati eletti dalla Knesset e 10 personalità pubbliche designate dal ministero dei Culti (che stavolta ha scelto anche due donne, per la prima volta nella storia).
Dal 1921, 7 rabbini capo ashkenaziti e 7 sefarditi si sono succeduti in questa carica. Tre di loro sono ancora in vita (al di fuori dei due attualmente in carica), rav Ovadia Yossef, leader spirituale del partito Shas, l’attuale rabbino capo di Tel Aviv, rav Israel Meir Lau e rav Eliahou Bakshi-Doron (che rimase in carica tra il 1993 e il 2003).
Ai rabbini capo d’Israele spetta soprattutto di occuparsi alcuni aspetti fondamentali della vita civile (matrimoni, divorzi, funerali), servizi che dipendono dal ministero dell’Interno, ma la cui responsabilità incombe sul Gran rabbinato. Il quale si occupa anche del riconoscimento delle conversioni al giudaismo, delle questioni in materia di kasherut (le norme di vita ebraica stabilite dalla tradizione e in particolare quelle riferite alla preparazione degli alimenti e delle bevande – ndr), della gestione dei luoghi santi e degli esami per i candidati ai posti di rabbino e di giudice rabbinico.