Arabia Saudita, El Dorado irraggiungibile
Ogni giorno una massa enorme di disperati dal Corno d’Africa cerca di passare in Arabia Saudita, l’El Dorado dove ogni sogno è possibile. Una meta sempre più difficile da raggiungere, visti i controlli via via più severi messi in atto dal regno saudita sugli immigrati illegali. Gli invisibili spinti dalla povertà che hanno raggiunto la sponda opposta erano stati 53 mila nel 2010. Nel 2012 sono raddoppiati: 107 mila. A maggio 2013 gli arrivi erano già oltre 43 mila.
Haradh è una polverosa cittadina nel nord dello Yemen, dove ogni giorno affluisce una massa enorme di disperati dal Corno d’Africa. Arrivano qui affrontando disagi di ogni tipo, spesso percorrendo lunghi tragitti a piedi, imbarcandosi poi (a prezzi salatissimi) su bagnarole che li trasbordano, sfidando gli squali del Mar Rosso, sulla riva yemenita. Dove spesso sono catturati, torturati e picchiati da bande locali a scopo di rapina o riscatto. Arrivano a Haradh sfiniti e affamati. Ma con un unico scopo: cercare di passare in Arabia Saudita, 10 chilometri più in là, l’El Dorado dove ogni sogno è possibile. Una meta sempre più difficile da raggiungere, visti i controlli sempre più severi messi in atto dal regno saudita sugli immigrati illegali.
L’esodo che si consuma da Etiopia e Somalia verso la Penisola arabica è imponente, ma non attira – apparentemente – l’interesse di nessuno. Gli invisibili spinti dalla povertà che hanno raggiunto la sponda opposta erano stati 53 mila nel 2010. Nel 2012 sono raddoppiati: 107 mila. A maggio 2013 gli arrivi erano già oltre 43 mila. A far la parte del leone gli etiopi, con il 78 per cento del totale. Nella cittadinadi Haradh, la cui economia dipende dalle relazioni con l’Arabia Saudita, la situazione sta diventando insostenibile. Tra le altre cose, entro i confini del governatorato della città, vivono anche 100 mila sfollati interni, giunti qui dopo i rivolgimenti della Primavera araba che hanno toccato pesantemente il Paese. La pressione degli immigrati africani, che a migliaia si affollano lungo il confine saudita e cercano di oltrepassarlo, venendone respinti, ha reso difficile la vita anche ai lavoratori yemeniti stagionali, per lo più impegnati nel settore dell’edilizia. Quasi impossibile ottenere un visto d’ingresso. Nei controlli sugli immigrati clandestini sono incappati di recente anche 53 mila yemeniti, che sono stati prontamente espulsi dalle autorità di Riyadh. Nel campo dial-Mazraq, non lontano dal confine, lavorano ormai in pianta stabile diverse organizzazioni umanitarie: l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, il Programma alimentare mondiale (Pam), l’Unicef, e diverse ong, tra cui Intersos. Il Pam, per esempio, garantisce giornalmente migliaia di pasti. All’inizio di quest’anno, l’Arabia Saudita ha annunciato l’intenzione di riprendere un vecchio progetto, elaborato (e poi accantonato) al tempo della prima guerra del Golfo: una recinzione alta 3 metri lungo tutto il confine con lo Yemen. In pratica, 1.800 chilometri di reti metalliche, filo spinato e telecamere. Già dal 2008 esiste una barriera lungo la zona costiera intorno ad Haradh, dove avviene gran parte del traffico transfrontaliero (di uomini e merci) tra Yemen e Arabia Saudita.
La nuova barriera è destinata probabilmente a far sfumare definitivamente il sogno di questi disperati. Oltre confine non si passa, e molti vorrebbero tornare indietro. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni ne ha aiutati finora 10 mila. Ma per la gran massa, che ancora assedia la cittadina yemenita di Haradh, non ci sono ancora soluzioni. Qualcuno avanza la proposta di una conferenza regionale per affrontare il problema, che in sé supera lepossibilità dello Yemen. Vi dovrebbero partecipare anche l’Etiopia e l’Arabia Saudita, con lo scopo di elaborare un piano di sostegno all’emergenza umanitaria e una politica pilotata di rimpatri. Nessuno sa quando e come. E intanto ad Haradh, tra sabbie roventi e polvere, si consuma una tragedia nascosta e dimenticata.
(Twitter: @caffulli)