Settanta scatti in bianco e nero per raccontare la realtà dei profughi siriani di Libano e Giordania. Giocando con la luce per catturare un gesto, un sorriso, un modo di essere. Il fotografo padovano Francesco Fantini inaugurerà il 4 giugno a Venezia la mostra Rifugiati nel racconto: storie di profughi siriani in Giordania e Libano, l'esordio del percorso espositivo in altre città italiane ed europee.
Settanta scatti in bianco e nero, voci, storie per raccontare la realtà dei profughi siriani di Libano e Giordania. Giocando con la luce, con il tutto e il nulla, per catturare un gesto, un sorriso, un modo di essere, per cogliere l’essenzialità della natura umana e lasciare spazio all’immaginazione. Il fotografo padovano Francesco Fantini inaugurerà il 4 giugno a Venezia la mostra Rifugiati nel racconto: storie di profughi siriani in Giordania e Libano, una tappa che costituirà l’esordio del percorso espositivo in molte città italiane ed europee.
Un milione e mezzo di profughi siriani – secondo i dati più recenti dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur) – costretti a fuggire dalla sanguinosa guerra che ha colpito il loro Paese. Più di 3 milioni di sfollati all’interno della Siria. Un quarto della popolazione lontano dalla propria casa. Un numero di morti, sfollati e rifugiati sempre crescente.
Mentre il mondo intero assiste da spettatore a questa tragedia, mentre nella guerra tra elefanti le formiche continuano a morire, due operatori umanitari che vivono in Libano, Federico Dessì ed Emilie Luciani, danno vita al progetto Focus on Syria volto a porre la questione siriana, ed in particolare le sue conseguenze umane, al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica internazionale. Focus on Syria è un sito Internet, una mostra fotografica, una rete di giornalisti, fotografi e cooperanti che hanno a cuore la questione siriana. Focus on Syria è anche la speranza che la guerra in Siria finisca presto.
Lo scopo è quello di informare, sensibilizzare e mobilitare sulla gravità del conflitto siriano e sull’impatto devastante che ha avuto sulla vita delle persone. Ed ecco che la mostra fotografica di Fantini diventa un luogo di unione tra lo spettatore e i rifugiati, un non-luogo dove si possono incontrare le immagini, i racconti e le voci dei profughi siriani. Scatti duri, essenziali, di donne, uomini, bambini, di tende allagate, di speranze infrante, di desolazione e disperazione. Ma anche di silenzio, riflessione, rinascita e speranza. Lo spettatore, cullato dalle voci di sottofondo e stregato dai giochi di luci ed ombre delle immagini, si eleva e si ritrova in una realtà altra, personale, diversa.
«Il reale è finito, limitato e deludente, ma nell’ignoto si può trovare qualcosa di più bello, sconosciuto, cercando una forma infinita, un modo di dire poetico che riesca a essere il tentativo più alto per sollevarsi al di sopra del nulla e come tale possibile nell’indicare una speranza: ecco perché le immagini che ho fatto non vogliono rappresentarvi la realtà», spiega Fantini.
La mostra è il frutto di un’indagine di un mese tra i campi profughi e gli accampamenti informali di Libano e Giordania, all’interno di case apparentemente anonime che celano storie crude e crudeli, alla scoperta di un mondo sotterraneo nascosto, tanto terribile quanto magico ed affascinante. Di tante storie, gesti, sguardi e modi di essere che hanno risvegliato i ricordi e l’immaginazione di Fantini, per una Siria che aveva conosciuto e che ora non esiste più.
«Nei loro racconti ho immaginato il mistero del bazar di Damasco, quando percorrevo le merci e le spezie, gli incredibili antiquari raggiunti attraverso ripide scale in pietra. I profumi e gli odori, l’impasto di pane e dolci, la cremosità dell’hummus, gli ori, la frenesia e l’incredibile vitalità di una folla incessante», continua.
L’immaginazione diventa l’unico rifugio, l’unica via di fuga da una realtà di distruzione e violenza totale, in cui tutto sembra annullarsi, sparire, in cui l’unico «pensiero è che tutte le cose sono niente». Per continuare ad esistere è necessario dare spazio all’immaginazione, all’illusione, «esorcizzare il passato, raccontarlo per giustificare un’illusione che permetta di tornare ad un’esistenza». I profughi siriani appaiono così agli occhi di Fantini «rifugiati nel racconto», nel tentativo di sopravvivere, di trovare un senso alla loro tragedia e alla guerra che li ha colpiti. Per continuare ad esistere, a sopravvivere, a sperare nel futuro per sé e per i propri figli.
Se ne esce storditi, come al risveglio dopo un lungo sogno in un luogo che siamo riusciti a fare nostro; con una consapevolezza nuova e diversa, con domande piuttosto che con risposte; con una voglia di esplorare se stessi ed andare in fondo alle cose. Ed allora le parole del fotografo che fanno da introduzione alla mostra trovano un senso.
«Voglio raccontarvi una storia vera in maniera incredibile, così che possiate viverla anche voi, perché è questo che tutti i rifugiati continuano a chiedermi: “Dove siete mentre tutto viene distrutto, dove muoiono migliaia di persone. Perché non dite niente, perché permettete tutto questo…”. Io non so, non posso e non voglio rispondere, non voglio prendere le distanze ma restare con i profughi ripetendovi la domanda e mentre penso alla nostra fuga di tutti i giorni, mi torna in mente un vecchio discorso “…alla fine ricorderemo non le parole dei nostri nemici, ma il silenzio dei nostri amici…”, quante volte ti dovranno ancora uccidere Martin (Luther King)?».
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Francesco Fantini è foto-giornalista professionista con oltre 30 anni di esperienza. Ha realizzato numerosi reportage sociali e mostre fotografiche nel campo della solidarietà. Fra i riconoscimenti ricevuti: premio E. Hemingway (2001), menzione d’onore al Canon World Digital Contest di Tokyo (2004), terzo premio al Nikon Photo Contest International (2007), premio Vittorio Bachelet per l’impegno sociale (2013).
La mostra Rifugiati nel racconto verrà inaugurata il 4 giugno alle ore 18 al centro culturale Candiani di Venezia-Mestre e rimarrà aperta fino al 21 giugno col seguente orario: dal martedì al venerdì dalle 15.30 alle 19.30, chiuso dal sabato al lunedì. Terzo piano. Ingresso libero.