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Razzi sulla periferia di Beirut, in Libano il contagio siriano

Terrasanta.net
27 maggio 2013
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Razzi sulla periferia di Beirut, in Libano il contagio siriano
La polizia ispeziona una delle due aree colpite dai due razzi lanciati su un quartiere sciita di Beirut il 26 maggio 2013.

Per la prima volta dall’inizio del conflitto in Siria, due missili hanno colpito Beirut. Un avvenimento grave, che segnala il sempre maggiore coinvolgimento del Libano nella guerra civile siriana. I razzi sono stati lanciati sul quartiere periferico a maggioranza sciita di Dahiyeh, nell’area sud-orientale della capitale libanese. Rimpallo di responsabilità.


(Milano/c.g.) – Per la prima volta dall’inizio del conflitto in Siria, due missili hanno colpito Beirut. Un avvenimento grave, che segna – anche in modo simbolico – il sempre maggiore coinvolgimento del Libano nella guerra civile siriana. Poco prima delle sette di ieri mattina, infatti, due missili katyusha sono stati lanciati sul quartiere periferico a maggioranza sciita di Dahiyeh, nell’area sud-orientale di Beirut. I missili hanno colpito un appartamento e un rivenditore di automobili, causando per fortuna solo quattro feriti. Secondo l’esercito libanese – che ha trovato rampe di lancio abbandonate compatibili gli ordigni – i missili sarebbero stati lanciati dalle alture del Monte Libano, a una distanza di 8 chilometri dalla capitale.

In realtà non è chiaro fino in fondo chi possa aver lanciato i razzi. A Dahiyeh domina il movimento religioso Hezbollah, impegnato militarmente in Siria a fianco delle forze governative del presidente Bashar al Assad

Il giornale israeliano Haaretz ricorda oggi che nel 2008 Israele si occupò di questo quartiere di Beirut, formulando il cosiddetto «Teorema di Dahiya», con cui minacciava di distruggere proprio quel quartiere sciita nel caso in cui Hezbollah avesse sferrato un altro attacco contro la Galilea. Ora, secondo Haaretz qualcuno – ma non Israele – potrebbe voler applicare lo stesso teorema: i miliziani di Hezbollah stanno combattendo in Siria a Qusair – una cittadina, che per la sua posizione geografica, è considerata un punto strategico sotto il profilo militare – contro l’opposizione sunnita ad Assad. Sabato, nel discorso, pronunciato in occasione dell’anniversario del ritiro delle forze israeliane dal Libano (completato il 24 maggio 2000), Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, aveva detto, riferendosi all’impegno del suo movimento in Siria: «Andremo avanti fino alla fine, accettando la responsabilità, i sacrifici e le conseguenze di questa scelta». Come reazione, un comandante del Libero esercito siriano, il capitano Ammar al Wawi, criticando Hezbollah, aveva affermato che «il fuoco che infuria in Siria, si diffonderà in Libano»; minacciando possibili attacchi contro le città di Tripoli e di Beirut, se le autorità libanesi non avessero fermato Hezbollah. Poche ore dopo, domenica mattina, puntualmente ecco arrivare due razzi sulla capitale libanese.

In realtà il Libero esercito siriano si è affrettato a negare la paternità del bombardamento: «Condanniamo nel modo più assoluto l’atto di terrorismo che ha avuto come oggetto Dahiyeh e ribadiamo il nostro impegno per la sicurezza, la sovranità e la stabilità del Libano», ha affermato Fahd al Masri, responsabile della comunicazione del Libero esercito. Anche Saad Hariri, ex primo ministro libanese, sunnita e avverso a Hezbollah, ha stigmatizzato l’episodio: «Condanniamo questo atto terroristico e criminale e chiunque abbia pensato di realizzarlo – ha dichiarato Hariri –, in particolare poiché è stata presa di mira un’area residenziale. Ringraziamo Dio che non ci sono state vittime e che i feriti siano stati curati».

Secondo un ufficiale dei servizi segreti libanesi, intervistato dal quotidiano online Ya Libnan, non ci sarebbe da sorprendersi se dietro l’attacco di domenica ci fosse lo stesso Hezbollah: «Sarebbe un episodio che abbiamo già visto durante la guerra civile …», ha commentato il funzionario.

Le violenze che il Libano sta subendo in queste settimane (domenica 19 maggio si sono contati cinque morti e cinquanta feriti in scontri armati tra sunniti e alawiti, anche nella città di Tripoli) sono considerate da tutti, comunque, la conseguenza del coinvolgimento di miliziani libanesi in Siria. Contro questo coinvolgimento si era già scagliato, giorni fa, il patriarca maronita Bechara Rai: «La guerra in Siria – aveva affermato Rai, il 18 maggio nel corso di un viaggio in America Latina – ha diviso i libanesi in due fazioni, una schierata con l’opposizione e l’altra col governo di Assad. Ma io affermo a alta voce che questo non è affar nostro, non dobbiamo interferire negli affari interni di nessun Paese. Dico ai politici e ai responsabili libanesi: pensate a costruire il vostro Paese malridotto, invece di prendere parte alla guerra in Siria. Smettetela di giocare col destino del nostro Paese che ha dato tanto al mondo».

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