Nella sua opera più famosa, Il ramo d’oro, l’antropologo James Frazer (1854-1954), studiando vari tipi di tabù nelle diverse civiltà, presenta dei casi in cui chi li trasgrediva veniva punito con la morte. Nel libro della Genesi si ha un caso simile a proposito della moglie di Lot che divenne una statua di sale per essersi voltata verso Sodoma, contravvenendo alle parole dei due messaggeri che le avevano proibito di voltarsi mentre Dio faceva piovere sulla città fuoco e zolfo (Gen 19, 1-29). Alla morte scampò soltanto Lot con le due figlie. Così i due forestieri vollero ricompensarlo per l’ospitalità loro offerta. Egli ebbe un tale senso dell’ospitalità che, nel momento in cui i concittadini cercarono di abusare sessualmente dei suoi ospiti, era disposto a concedere a loro in cambio le sue stesse figlie (Gen 19,8). Nel v. 29 si dice, però, che Dio lo risparmiò per amore di Abramo.
Mentre Lot è ricordato altre volte nella Bibbia (Dt 2,9.19; Sal 83,8; 2Pt 2,6-8), di sua moglie non si fa più parola. Non se ne parla nemmeno negli stessi racconti patriarcali. Lot è solo quando decide di seguire Abramo (Gen 12,4-5; cfr 11,31). Ciò fa supporre che abbia preso moglie in Canaan. Del luogo dovevano essere anche i mariti delle figlie, i quali, non avendo preso sul serio quanto stava per succedere, perirono assieme a tutti gli altri (Gen 19,14).
Nella tradizione giudaica la sorte di questa donna ha dato adito a diverse spiegazioni. Oltre a darle il nome di Idit, i rabbini si sono chiesti come mai sia stata trasformata proprio in sale.
Cirillo di Gerusalemme afferma che il cristiano non deve voltarsi indietro a guardare il tran tran dell’esistenza mondana. Ambrogio di Milano vede in questa donna l’immagine del peccatore.
Ma per comprendere il senso di questa storia occorre appurare cosa stesse alla base del tabù di non voltarsi, ad esempio quando si usciva di casa o da una città. Il divieto si basava sulla credenza magica che si potesse restare lesi dalle cose nocive con le quali si sarebbe entrati in contatto anche solo con la vista. Perciò fuggire da Sodoma, senza guardare la città in fiamme, significava fuggire dalle forze distruttrici che in realtà erano sempre in agguato.
Un parallelo interessante si ha nella storia d’amore tra Orfeo ed Euridice narrata da Ovidio nelle Metamorfosi. Anche Orfeo, sceso nell’Averno alla ricerca della sposa, non resiste al forte desiderio, dopo averla trovata, di guardarla, mentre camminava dietro di lui, prima di giungere alla luce del sole, come gli era stato ordinato dal sovrano dell’oltretomba, Plutone. Il particolare del sale, invece, può derivare dal fatto che la regione del Mar Morto, dove sembrano collocati i fatti, allora come oggi, è piena di sedimenti di sale e alcune rocce danno l’idea di rappresentare delle statue.
La vicenda drammatica della moglie di Lot è un richiamo a coltivare la speranza. In fondo, essa rappresenta il negativo di quanto è successo ad Abramo, che si lascia tutto dietro le spalle, casa, famiglie, beni, per andare verso Canaan, dove l’attendeva il Signore. Nei momenti di crisi il guardare indietro può essere pericoloso, perché, rimanendo legati al passato, si corre il rischio di restare bloccati nel presente. Al cristiano, poi, è strutturale l’ansia del «nuovo» che Dio realizza nel futuro: come figlio della promessa, egli è chiamato ad andare oltre, a vivere senza rimpiangere le cose che ha lasciato dietro di sé per seguire il Signore, a non restare legato a ciò che ha conseguito o a ciò che potrebbe esercitare un influsso negativo su di lui.