È difficile pensare all’ecumenismo senza guardare a Roma e alla burrasca dello Spirito che vi è avvenuta. Terrasanta consacrerà probabilmente più pagine a questi eventi: le dimissioni di Benedetto XVI, il conclave e i timori che lo accompagnavano, e finalmente, la sorpresa: l’elezione di Francesco, primo vescovo di Roma latino-americano, primo anche per il fatto di essere gesuita e di prendere il nome di Francesco. Potremmo farci eco delle reazioni manifestate in Terra Santa, ma sono tutte cattoliche; le altre Chiese, infatti, non si sono espresse pubblicamente, anche se la loro opinione sembra largamente positiva. Una voce però si è sentita: il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I.
Fermiamoci su di lui perché i media hanno solo ricordato il fatto, davvero memorabile, che per la prima volta, non solo dallo scisma del 1204, ma anche da prima, il patriarca della «nuova Roma» ha assistito alla liturgia d’inizio del ministero del vescovo dell’«antica Roma». All’accoglienza dei rappresentanti delle altre Chiese cristiane e delle altre religioni, una poltrona, identica a quella sulla quale sedeva il Papa, era stata preparata per il fratello «Andrea», come lo ha chiamato Francesco. Ed è lui che ha parlato a nome dei partecipanti. Ma cos’ha detto?
Si è rallegrato per l’elezione del «primo vescovo della venerabile Chiesa dell’Antica Roma, che presiede nella carità», espressione che risale a Ignazio di Antiochia, vescovo del II secolo, e ha ricordato che, «con spirito di coraggio», il «mite» Benedetto XVI «ha da poco rassegnato le dimissioni dal suo ministero per motivi di salute e di affaticamento». Ha poi sottolineato che l’unità delle Chiese è «la prima e la più importante delle nostre preoccupazioni», necessaria perché «la nostra testimonianza cristiana possa essere credibile agli occhi dei vicini e dei lontani»; occorre perciò proseguire, «nella carità e nella verità, in spirito di umiltà e di mitezza, e attraverso le armi della verità», il dialogo teologico già intrapreso.
Evocando la crisi economica mondiale, ha sottolineato che essa esige un’azione umanitaria «per la quale avete una grande esperienza, Santità, grazie al Vostro lungo e apprezzato ministero come Buon Samaritano in America Latina». La scelta della semplicità «rende evidente il criterio che Vi guida nella scelta dell’essenziale. Ciò riempie di speranza i cuori di tutti i vostri fedeli» ma anche «di tutti gli uomini». Essa manifesta che «la giustizia e la misericordia, che rappresentano “le esigenze più essenziali della legge” (Mt 23,4), hanno per la Chiesa l’importanza primaria che meritano». Ciò è tanto più importante in quanto «nel corso della storia bi-millenaria della vita della Chiesa di Cristo, alcune verità dell’Evangelo» – il patriarca pensa soprattutto all’abbassamento di Dio manifestatosi nell’Incarnazione fino alla morte in croce – «sono state distorte e travisate da parte di alcuni gruppi cristiani, con il risultato che oggi in ampi strati delle popolazioni cristiane prevalgono purtroppo concezioni mondane».
Francesco ha conquistato tutti con la sua semplicità; preghiamo perché essa contagi tutte le Chiese e le conduca presto a riconoscersi reciprocamente e concretamente sorelle alla tavola del Signore, realizzando così l’augurio fatto 50 anni fa da Paolo VI e Atenagora I a Gerusalemme, evento che il patriarca ha proposto a Francesco di ricordare insieme l’anno prossimo nella Città Santa.