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Oltre quota 8

di Giorgio Bernardelli
18 aprile 2013
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Israele ha festeggiato in questi giorni lo Yom Ha'Atzmaut, l'anniversario della sua indipendenza. È la principale festività laica nello Stato di Israele, ma è anche la ricorrenza alla vigilia della quale l'Ufficio centrale di statistica offre la fotografia più aggiornata sulla popolazione del Paese. Scopriamo così che nel 2013 Israele ha passato quota 8 milioni di abitanti.


Israele ha festeggiato in questi giorni lo Yom Ha’Atzmaut, l’anniversario della sua indipendenza: lo Stato di Israele venne proclamato il 14 maggio 1948, ma a far fede è la data del calendario ebraico e cioè il 5 del mese di Iyar, che quest’anno è caduto quasi un mese prima del 14 maggio. Lo Yom Ha’Atzmaut è la principale festività laica nello Stato di Israele. Ma è anche la ricorrenza alla vigilia della quale l’Ufficio centrale di statistica offre la fotografia più aggiornata sulla popolazione del Paese.

Questa volta nei numeri c’è anche una notizia non indifferente: nel 2013 Israele ha passato quota 8 milioni di abitanti, grazie ai 137 mila cittadini in più rispetto a dodici mesi fa. Si tratta di una crescita dovuta sostanzialmente agli alti tassi di natalità: a compiere l’aliyah, la «salita» degli ebrei della diaspora verso Israele, sono state nell’ultimo anno 19.500 persone; un numero che resta significativo ma non più paragonabile con quelli di alcuni anni fa. È piuttosto il numero dei bambini nati a mantenere alto il trend di crescita della popolazione israeliana: 163 mila contro 41 mila cittadini israeliani morti durante l’anno. Un dato molto interessante che – come chi frequenta Gerusalemme sa bene – non riguarda solo gli arabi. E infatti la percentuale degli ebrei sul totale della popolazione resta stabile intorno al 75 per cento.

Nella fotografia diffusa dall’Ufficio centrale di statistica c’è però anche un altro numero, molto importante dal punto di vista psicologico: essendo gli ebrei i tre quarti della popolazione israeliana, aver raggiunto quota otto milioni significa che oggi in terra di Israele gli ebrei sono più di sei milioni. E – dopo la grande tragedia del Novecento – non c’è numero che a Gerusalemme possa evocare di più: vuole dire, infatti, che oggi gli ebrei che vivono nello Stato nato nel 1948 sono più di quelli che Hitler fece sterminare durante la Shoah. Come si legge nell’articolo del Times of Israel che rilanciamo sotto, il premier Benjamin Netanyahu non ha perso l’occasione in queste ore per sottolinearlo alla sua maniera: «Dall’abisso dell’Olocausto siamo risaliti alla vetta di Sion», ha dichiarato. E come al solito a riportare la retorica con i piedi per terra è dovuto intervenire il novantenne presidente Shimon Peres, ricordandogli che «gli ebrei oggi nel mondo sono comunque meno di quanti erano alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale».

Al di là delle discussioni sui numeri e sulla storia questo Yom Ha’Atzmaut ha confermato che resta comunque aperta la questione del rapporto di Israele con chi ebreo non è. Lo si capisce bene dall’articolo che Yediot Ahronot ha dedicato alle migliaia di africani richiedenti asilo che martedì era facile incontrare a Tel Aviv con la loro bandiera israeliana, confusi tra la folla riunita per i festeggiamenti. Il quotidiano cita i dati dell’Autorità per la Popolazione e l’Immigrazione secondo cui sarebbero 65 mila i richiedenti asilo presenti nel Paese. E racconta la storia di Baher, un esule dal Darfur, che si trova in Israele ormai da cinque anni e mezzo con un permesso di «protezione collettiva». «Anche se non siamo israeliani è importante per noi essere qui», ha raccontato al cronista. Ma ha aggiunto, pure, di aver incontrato israeliani arrabbiati per la sua presenza con la bandiera israeliana: «Mi hanno gridato che siamo degli infiltrati e che questa non è la nostra festa».

Si tratta di una storia che conferma come la tentazione della chiusura di fronte ai drammi degli altri aleggi a ogni latitudine. E renda ancora più importante mettersi sulla lunghezza d’onda della preghiera che – come ogni anno – il vicariato per i cattolici di espressione ebraica ha proposto in occasione dello Yom Ha’Atzmaut: «Padre nostro nei cieli, roccia d’Israele e suo redentore, benedici lo Stato, proteggilo e copri lui ed i suoi vicini con la tenda della Tua pace. Possa la pace crescere tra tutti i popoli, cosicché non ci sia più odio, gelosia, competizione e vittoria tra gli uni e gli altri, tra uno ed il suo vicino».

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