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L’Egitto, la poesia, la rivoluzione

Anna Clementi
28 marzo 2013
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Ogni rivoluzione ha anche i suoi poeti. Quella del 2011, in Egitto, ne ha uno di nome Amal Donqol (1940-1983). Le sue poesie, grazie alla loro attualità e al loro realismo, sono state riprese dai giovani di piazza Tahrir, al Cairo. Ma Donqol non è il solo a dare ali ai desideri di libertà e giustizia.


Sono le cinque
i soldati appaiono in un cerchio di scudi
si avvicinano pian piano venendo da ogni direzione […]
Elevano canti sui volti
delle guardie che si avvicinano
[…] e cantano assieme.

“Ci sacrifichiamo per te, Egitto, ci sacrifichia…”
Cade zittita una voce,
con essa cade a terra
il tuo nome, Egitto.
Rimangono solo corpi abbattuti e grida
nella piazza buia
sono le cinque
sono le cinque
sono le cinque.

Chissà se il poeta egiziano Amal Donqol (1940-1983) avrebbe mai pensato che la poesia La ciambella di pietra scritta nel 1972 per raccontare le proteste degli studenti universitari contro l’esercito, sarebbe potuta diventare, nel 2011, uno degli inni della rivoluzione contro il regime di Hosni Mubarak. Eppure, le poesie di Donqol, grazie alla loro attualità e al loro realismo, sono state riprese dai giovani rivoluzionari di piazza Tahrir, i quali hanno ricordato e ripetuto i suoi versi inneggiando alla caduta del ra’is, e successivamente a quella – auspicata – del nuovo presidente, uscito dalle file dei Fratelli Musulmani, Mohammed Morsi.

«Ogni rivoluzione ha avuto il suo poeta», spiega lo scrittore egiziano At-Taher Sharqaouwi, autore di diverse novelle sulla politica e sulla società egiziana. «Bayram Al-Tunisi è stato il poeta della lotta contro l’occupazione inglese; successivamente, durante il regime di Anwar Sadat, a diventare i nuovi simboli dei movimenti di lotta sono stati il musicista Sheikh Imam e il poeta Ahmad Fu’ad Najm. Ora siamo di fronte a una nuova epoca in cui, da un lato, vengono ripresi i componimenti poetici del passato e dall’altro ci sono nuove produzioni letterarie fortemente influenzate dagli eventi degli ultimi due anni».

Non è un caso che poeti come Donqol e Najm abbiano vissuto una vera e propria rinascita a partire dal 2011, e che, accanto ad essi, ci siano stati nuovi componimenti da parte di altri poeti già celebri in passato. Tra questi c’è Abdel Rahman Al-Abnoudi, uno dei più dotati poeti contemporanei che si era già più volte schierato contro il regime di Mubarak. Il 4 febbraio 2011, appena dieci giorni dopo l’inizio delle grandi manifestazioni in piazza Tahrir, Abnoudi ha letto in diretta televisiva la sua nuova poesia, Midan (La piazza):

More mani egiziane capaci di discernere
protese tra le urla a rompere gli schemi
È sorta la voce della folla: guarda l’Egitto sotto il sole
Stato di vecchi, è tempo di andartene
[…] È sorta la bella gioventù per trasformare
l’autunno in primavera.

La poesia di Abnoudi appare una riflessione sugli avvenimenti avvenuti nei primi mesi del 2011 in Egitto, sul regime cadente e sulle speranze di milioni di egiziani che si trovavano di fronte ad un cambiamento epocale. «Abnoudi è riuscito ad esprimere a parole i nostri sentimenti di quei giorni, il desiderio di cambiamento, di dignità, le speranze e anche i timori di un intero popolo» racconta Mohammad Sa’id, un giovane egiziano che ha preso parte alle manifestazioni del 25 gennaio. «Ogni volta che rileggo le sue poesie è come rivivere quei lunghi ed intensi giorni che ho passato in piazza. Ogni volta trovo un significato diverso nelle parole del poeta e nascono in me sentimenti ed emozioni contrapposti: a volte provo dolore, altre volte gioia e felicità. Mi capita addirittura di piangere».

Ed è proprio questo uno degli scopi principali della forma poetica, come spiega lo scrittore Sharqaouwi. «È un processo continuo ed inarrestabile. La poesia fa parte della memoria storica collettiva degli egiziani. Poesia e rivoluzione sono tra loro connesse e legate in modo inscindibile. Di certo la poesia, nella storia dell’Egitto, ha aiutato e coadiuvato certi processi di cambiamento. Nello stesso tempo essa è stata influenzata dalla realtà e appare come un momento per rivivere e per ripensare, in una forma diversa, il corso degli eventi».

Il 2011 è stato uno spartiacque nella storia dell’Egitto, non solo dal punto di vista politico, ma anche per quanto riguarda l’arte, la letteratura, la cultura. «Piazza Tahrir è diventata la nuova arena di sperimentazione e cambiamento, e sono nati nuovi poeti, cantanti, artisti e scrittori – conclude Sharqaouwi -. Tuttavia per ora è impossibile parlare di una nuova corrente poetica. L’Egitto è ancora in fase di profondo cambiamento, serve pazienza e tenacia. Ma di una cosa sono certo: quel che è sta succedendo non potrà che lasciare un segno indelebile in ogni aspetto della nostra vita, forme poetiche comprese».

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