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In Libia ed Egitto arresti e violenze contro i cristiani copti

Terrasanta.net
12 marzo 2013
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La comunità copta in Libia ed Egitto continua a subire violenze da parte degli islamisti, sotto gli occhi di autorità quasi indifferenti. In Libia centinaia di copti sono stati arrestati dalla polizia o sequestrati da estremisti musulmani. In Egitto, nelle ultime settimane varie chiese sono state attaccate. Monta la protesta dei cristiani contro il governo del Cairo.


(Milano/c.g.) – La comunità copta in Libia ed Egitto continua a subire violenze da parte degli estremisti islamici, sotto gli occhi di autorità quasi indifferenti. Un funzionario del ministero degli Esteri egiziano, intervistato dal quotidiano online al Ahram, ha informato che Ezzat Atallah, cittadino egiziano sospettato di proselitismo in Libia, è deceduto per cause naturali in una prigione locale. Secondo la ricostruzione del funzionario, Atallah era sofferente di diabete e disturbi cardiaci. Il defunto sarebbe stato uno dei cinque cristiani evangelici (oltre a lui uno svedese-americano, un sud-coreano, un sud-africano e un altro egiziano) arrestati nei giorni scorsi per proselitismo.

Del tutto diversa, però, è la versione che della stessa notizia ha dato il quotidiano copto al Watani. Secondo al Watani, infatti, Ezzat Hakim Atallah, 45 anni, arrestato con l’accusa di proselitismo, sarebbe morto a Tripoli mentre era sotto la custodia della polizia. Attalah risiedeva a Bengasi con moglie e due figli e sarebbe stato arrestato il 13 febbraio nel suo negozio di accessori per cellulari, nel suq di Bengasi. Attalah sarebbe riuscito a informare la moglie dell’arresto poco prima che il telefono gli fosse requisito.

La moglie, che ha potuto visitarlo solo dopo mille insistenze, lo ha trovato in uno stato pietoso, pieno di ematomi. L’uomo le ha raccontato di essere stato sottoposto a trattamenti disumani, torture e umiliazioni finalizzate ad estorcergli una confessione. Qualche giorno dopo è stato portato in ospedale per delle cure, per poi essere riportato in carcere. L’uomo sarebbe stato arrestato semplicemente perché il suo nome era nella rubrica di un certo Shefir Ramsis che possiede una tipografia ed è accusato di divulgare testi religiosi in Libia.

Ramsis avrebbe comunque smentito qualsiasi coinvolgimento di Attalah nei suoi affari. Al Watani racconta ancora che le autorità di Tripoli hanno negato l’autopsia richiesta dalla famiglia. E quando i congiunti hanno cercato di entrare in contatto con l’ambasciata egiziana a Tripoli, hanno appreso che non solo Attalah ma più di 100 copti erano stati arrestati dalle autorità di Bengasi a febbraio, per proselitismo…

Secondo al Watani, però, i copti imprigionati potrebbero essere molti di più: la scorsa settimana le autorità libiche hanno liberato 50 detenuti copti; secondo le testimonianze di alcuni di loro gli arrestati sarebbero in realtà oltre 200. Di questi, solo cinque sarebbero stati sottoposti a indagine. Molti prigionieri sono stati abusati e maltrattati e le loro proprietà sono state confiscate. Secondo alcuni testimoni il clima a Bengasi sarebbe feroce: gli estremisti sarebbero arrivati al punto di mettere una taglia di 50 dinari libici (circa 30 euro) su ogni copto arrestato.

Una delegazione del partito politico egiziano al-Misiryeen al-Ahrar («Gli egiziani liberi» – ndr) giovedì scorso ha incontrato Ashour Hamad Bou-Rashid, l’ambasciatore libico al Cairo il quale ha confermato la notizia degli arresti, aggiungendo che al momento gli estremisti islamici in Libia hanno rapito almeno 100 copti di cui non si hanno più notizie.

In tutto questo, il comportamento del presidente egiziano Mohamed Morsi ha fatto indignare la comunità copta. Il capo dello Stato, infatti, giovedì scorso ha incontrato al Cairo il primo ministro libico Ali Zeidan, per discutere delle relazioni tra i due Paesi. Ma, nonostante gli inviti dei copti a fare presente la questione, avrebbe evitato di parlarne.

Nelle scorse settimane, poi, diverse chiese copte in Egitto sono state attaccate dai musulmani. Per tutti questi motivi l’organizzazione del Fronte giovanile copto, presentando alla stampa un rapporto che elenca le violenze subite, ha indetto a partire da ieri la «settimana della rabbia» con lo slogan Non dimenticheremo, non rimarremo in silenzio, non torneremo indietro. Sempre ieri i giovani copti del Cairo hanno manifestato di fronte all’ambasciata libica della città, chiedendo che tutti i copti in arresto siano rilasciati e risarciti e che le autorità libiche si scusino con i copti egiziani. Altre manifestazioni organizzate nel corso della settimana in molti Paesi occidentali da immigrati copti, hanno lo scopo di mantenere alta l’attenzione sulle violenze in Egitto.

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