Cresce il clima di censura in Egitto. L’ultimo episodio eclatante è dello scorso 9 febbraio, quando un tribunale amministrativo egiziano ha ordinato al ministero della Comunicazione di «oscurare» YouTube nell’intero Paese per un mese. Gli islamisti vorrebbero anche introdurre il divieto di commercializzare alcolici.
(Milano/c.g.) – Cresce il clima di censura in Egitto. L’ultimo episodio eclatante è dello scorso 9 febbraio, quando un tribunale amministrativo egiziano ha ordinato al ministero della Comunicazione di «oscurare» Youtube nell’intero Paese per un mese. Causa della censura, il fatto che su YouTube fosse stato diffuso il trailer del film L’innocenza dei Musulmani: 13 minuti di video, realizzati negli Stati Uniti, in cui al profeta Maometto vengono attribuiti comportamenti devianti in materia sessuale e che hanno provocato, lo scorso settembre, un fiume di proteste antiamericane in molti Paesi musulmani, tra cui Libia ed Egitto. YouTube avrebbe «insistito – ha sostenuto la Corte nella sentenza – nel trasmettere il film che insulta l’Islam ed il Profeta mancando di rispetto a milioni di egiziani e trascurando la rabbia di tutti i musulmani».
Una delle positive conseguenze della caduta del presidente Hosni Mubarak, due anni fa, è stata una maggiore libertà di espressione di cui hanno usufruito anche i movimenti islamisti più radicali. Oggi, tuttavia, proprio la maggioranza islamista, che è al governo, sembra far valere la propria influenza con richieste e affermazioni che limitano quella stessa libertà. Il proibizionismo contro gli alcolici sembra uno degli obiettivi della censura. Secondo Nabil Abbas, vice presidente dell’Autorità delle nuove comunità urbane, che sovrintende allo sviluppo urbanistico in Egitto, intervistato da Reuters, ha dichiarato che il governo ha intenzione di non concedere più licenze per la vendita di alcolici nei quartieri di nuova costruzione, alla periferia di Alessandria e Il Cairo. Cosa che ha sollevato le proteste di chi teme che presto una simile limitazione possa essere estesa anche al resto del Paese. Il 17 febbraio una vignetta satirica è circolata in Rete su diversi siti egiziani, in risposta a questo e ad altri divieti: rappresentava il presidente Mohamed Morsi vestito da Superman che dice «Devo salvare l’Egitto dalla pornografia, dall’alcool e da YouTube!»
La notizia della censura a YouTube è emblematica anche dello scontro culturale che è in atto, nell’Egitto moderno, tra maggioranza islamica e minoranza laica. «Oscurare Youtube è impossibile per due motivi – ha osservato Ramy Raoof, attivista dei diritti umani specializzato in muove tecnologie, intervistato sulla sentenza dal quotidiano egiziano Egypt Independent -; da una parte la decisione di fermare qualsiasi sito è tecnicamente costosa; dall’altra sono proprio i funzionari del ministero della Comunicazione ad essere riluttanti alla censura. Preferiscono casomai favorire una forma di selezione personalizzata, che permette a ciascun utente di bloccare sul proprio computer i siti indesiderati. Comunque, anche a patto di trovare un sistema di filtri che blocchi la visione di YouTube – ha terminato Raoof – gli utenti potranno sempre trovare il modo di aggirarli. La sentenza della corte non ha senso e danneggerà più che aiutare. Penso che i vantaggi che porta YouTube superino i disagi; potremmo paragonarlo ad un produttore di automobili: qualcuno può utilizzare l’auto per portare la propria madre in ospedale, in caso di bisogno; qualcun altro per un attentato terroristico. Il problema non sta nell’automobile in sé, ma in chi la usa».
Al Arabiya infine, ha sollevato nei giorni scorsi il caso emblematico di Ibrahim Essa, uno dei giornalisti egiziani più censurati dal regime di Mubarak. Essa non avrebbe mai incontrato tante difficoltà e censure, nello svolgere il proprio lavoro, come in questi pochi mesi di governo Morsi.